I funghi, attenzione a ciò che raccogliete
Scritto da Laura Rangoni | Pubblicato in a tavola
Chi ama la montagna spessissimo “va a funghi”: si arma di cestino e raccoglie queste prelibatezze, a volte anche con un pizzico di brivido, in quanto, si sa, i funghi possono essere pericolosi, tossici, e addirittura mortali. Ma sono e restano i gioielli del bosco, preziosi ingredienti di una cucina raffinata che ha le sue radici nell’antica “cucina della fame”.
Infatti, quando, nemmeno tanto tempo fa, le classi più povere avevano come problema primario quello di “riempire la pancia”, la raccolta di alimenti allo stato selvatico era essenziale.
Condire la polenta con un intingolo di funghi era di certo non un vezzo, ma un modo per fornire, a persone provate dalla povertà e dalla fame, un cibo abbondante e facilmente reperibile sul territorio.
Se guardiamo al passato o alle società di natura ancora presenti sul pianeta ci accorgiamo che la conoscenza dei funghi commestibili è sempre stata importante per l’uomo, tanto che le persone che ne avevano una conoscenza più approfondita, e spesso erano donne, raggiungevano posizioni di grande prestigio in seno alla società: erano sciamani o uomini e donne medicina, in grado di dosare anche funghi pericolosi come l’amanita muscaria, che provoca allucinazioni, a scopi sacrali.
Ogni specifica popolazione aveva una particolare conoscenza dei funghi che crescevano nel proprio territorio di residenza; questa conoscenza, così come il modo per prepararli fu trasmessa da generazione a generazione in modo orale. Già gli uomini della preistoria utilizzavano i funghi, prima di tutto come fonte di cibo, poi come “tramiti” per avvicinare le divinità nell’estasi sciamanica. La conoscenza dei funghi alimentari da parte dei nostri antenati è stata sicuramente empirica, e deve essere stato alto il tributo di vite umane pagato dalla nostra specie per imparare a distinguere le specie benefiche da quelle nocive.
Fino agli anni 50 del Novecento funghi e tartufi comparivano spesso sulle mense anche dei più poveri. La loro raccolta veniva affidata alle donne e ai bambini, e non era infrequente che venissero consumati a volte anche funghi tossici o velenosi. Molto presenti sulle tavole dei montanari, i funghi erano raccolti anche da boscaioli e carbonai, che a volte li vendevano o li scambiavano con altri alimenti. I funghi che non venivano consumati subito erano fatti seccare e tenuti da parte per l’inverno.
I medici cittadini dal Medioevo al Settecento sconsigliavano l’uso dei funghi, ritenuti pericolosi, non solamente perché potevano essere velenosi, ma soprattutto perché crescono in ambienti malsani, “ex putrefatione generatis”, come scrive il medico Giacomo Albini nel suo “De Sanitatis custodia”. Le fonti ci riportano l’uso di ovuli, prataioli, mazze di tamburo, spugnole, manine. Accadeva abbastanza di frequente che venissero consumati anche funghi tossici o velenosi.
Sappiamo ad esempio che l’amanita muscaride, letale in determinate quantità, veniva usata assieme ad altri ingredienti, e procurava forti allucinazioni e visioni. A proposito di questo fungo, spesso alle streghe si rivolgeva l’accusa di utilizzarlo per avvelenare i loro nemici: la pericolosa Amanita muscaria era, secondo gli inquisitori, l’ingrediente principale delle loro pozioni che, come è noto, avevano effetti spesso devastanti per le povere vittime.
È singolare il fatto che fino al secolo scorso molti pensassero che bastava la cottura per eliminare la pericolosità dei funghi, quando ormai sappiamo che non è affatto così, e risale al rinascimento l’usanza di mettere, tra i funghi che cuociono, un cucchiaino d’argento: se diventerà nero i funghi saranno velenosi.
Anche in questo caso si tratta di un metodo empirico molto rozzo e per nulla efficace: ai giorni nostri, quando non si conosce bene un fungo, è meglio rivolgersi all’ALS!
Un elenco di funghi velenosi da evitare di raccogliere:
Amanita muscaria
Hypholoma fasciculare
Gyromitra
Amanita pantherina
Amanita phalloides
Tricholoma equestre