Pomodoro, pane, olio e sale. Estatico
Scritto da Pino De Luca | Pubblicato in tradizioni
Casa piena di maestranze, fame. Alle 9.40 si era già quattro ore abbondanti di attività. Pane e pomodoro, sale grosso e un filo d’olio. Estatico.
Cosa fa del pane, dell’olio, del sale e del pomodoro una composizione così gustosa oltre che salutare?
Vi racconto del pomodoro.
Ero li, alla ricerca dell’ennesimo cialtrone che vanta mandrie e pascoli e lavorazione straordinaria del latte. Alle sette e trenta tra Magliano e Copertino, il nome di Francesco compare sul display del cruscotto, grande invenzione il bluetooth, e rispondere è bello oltre che doveroso. Stanno raccogliendo i pomodori da Francesco, l’appuntamento cialtronesco è rinviato alle 8.50, sono vicino e dunque ci passo, magari me ne porto a casa qualcuno.
La campagna è stupenda, fa caldo ma non tantissimo ancora, la parola che risuona più spesso è “secchio”. Qui i pomodori si raccolgono all’antica, si scelgono dalla pianta con le mani. Un lavoro durissimo e lungo. Lo fanno le donne, gli uomini trasportano i secchi colmi al cassone che sta sul camion. Lavoro non meno pesante specialmente con l’avanzar delle ore. E dunque l’antica saggezza comincia la raccolta dal punto più lontano dal sentiero in modo da fare via via meno fatica e affrontare la parte più dura con la temperatura più fresca.
Datterini per la salsa si stanno raccogliendo, “solo quelli sani e maturi” dice Francesco con una punta di orgoglio. E’ felice, sorridente. Mangio qualche pomodoro. Dolce e saporito. Il marito della signora Matilde mi dice sempre che “con i tuoi pomodori non mi brucia lo stomaco”, e io son felice di farglieli avere i pomodori. Un gran lavoratore di gigantesca onestà e poca fortuna. Li merita.
E anche io li mangio in tutti i modi, perché sono buoni. Terra fertile, attenzione nella coltivazione e nella raccolta, il massimo della cura nella eventuale profilassi. Un po’ come fanno tanti. Ma i pomodori di Francesco sono saporiti e non bruciano lo stomaco di che ne ha ormai poco.
Perché? Sarebbe una bella cosa farli analizzare, trovare una certificazione ISO per questo tipo di qualità e diffondere le conoscenze a coloro che non le hanno.
S’è fatto tardi, mi porto la mia piccola provvigione e prendo la strada per Lequile, il sole s’è scaldato, sulla via altri campi di pomodori, una raccolta “moderna”, squadre di immigrati che strappano la pianta e la scuotono nel cassone, lavorano a cottimo, anche dieci dodici ore al giorno. Il ronzio degli insetti sotto i raggi impietosi del sole. Chissà come saranno questi pomodori … e come sarà la loro conserva.
Raccogliere pomodori è un lavoro duro, durissimo. I pomodori lo sanno. E quelli raccolti da disperati sfruttati e vessati si nutrono di bile e di rabbia. I pomodori di Francesco si nutrono di canzoni d’amore. Il segreto della qualità eccellente. I cialtroni stanno a zero e la colazione è diventata maestosa con un po’ di origano.