Vini italiani all’estero: la parola d’ordine è autenticità

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DI FRANCESCA CAMERLENGO.
I vitigni autoctoni veri protagonisti dell’edizione 2012 di Vitigno Italia.
Buone notizie per i vitigni autoctoni italiani.

Nonostante negli ultimi tempi siano i vini sfusi a far registrare riscontri positivi nell’export,
all’ ottavo salone dei vini e dei territori vitivinicoli italiani, si percepisce un’inversione di tendenza.

I numerosi vitigni autoctoni presentati dalle aziende espositrici hanno riscosso interesse notevole da parte degli operatori esteri provenienti da paesi diversi – Usa, Canada, Svezia, Germania, Giappone, Singapore, Danimarca, Olanda, Repubblica Ceca, Bulgaria –  ognuno  caratterizzato da gusti, preferenze e variabili di apprezzamento specifiche.

Anche se in generale il consumatore estero preferisce vini freschi, poco strutturati e possibilmente  non barricati, in quanto più vicini ai gusti internazionali, vitigni quali pallagrello, catalanesca, catarratto, nascetta, forastera, grillo, falerno – solo per citarne alcuni ma la lista è lunghissima – hanno le potenzialità per conquistare importanti fette di mercato estero.

Parliamo di vitigni assolutamente unici ed inimitabili legati a territori e tradizioni delle diverse regioni d’Italia, alcuni purtroppo ancora poco conosciuti al di fuori del nostro paese.

Eppure hanno tutte le carte in regola ed un valore aggiunto determinante:  la distintività, proprio quello che i nuovi competitor stranieri non possono offrire.

Il grande vantaggio competitivo della varietà, però, va valorizzato e diffuso al fine di creare la “cultura dei vitigni autoctoni”  attraverso idonee azioni di marketing e di comunicazione.

Procedendo sulla scia dei brand e dei territori già conosciuti ed affermati  sui mercati internazionali,  l’educazione al  loro consumo svolge un ruolo fondamentale affinché vengano apprezzati e possano diffondersi maggiormente.

I consumatori esteri  poco competenti in materia di vino o poco abituati al vino autoctono italiano, difficilmente sono a conoscenza del significato delle denominazioni d’origine e delle sottese  tradizioni storiche ma risultano invece essere sensibili al nome, al wine brand.

Chiaramente ogni mercato è differente, vi sono quelli definibili “maturi”, che apprezzano sempre più i vini autoctoni e quelli definibili “emergenti”, più inclini a blend  di autoctoni e vitigni internazionali. Ecco perché per ognuno di questi va studiata un’apposita  “entry strategy”, una strategia di ingresso che consenta ai nostri vini di guadagnare importanti quote di mercato.

I vini italiani non hanno nulla da invidiare agli altri e possono competere a testa alta sui mercati internazionali, lo hanno confermato le facce estasiate dei buyer esteri durante le degustazioni.

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