Vino italiano 2022: export da record ma calano vendite in GDO

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Da un’analisi condotta dal Forum Wine Monitor di Nomisma è emerso che il 2022 è stato un anno con alti e bassi per il vino italiano in quanto, ai buoni risultati raggiunti dalle aziende, si evincono criticità legate alle prospettive future.

Si è registrato un export a quota 8 miliardi, +12% rispetto all’anno precedente, ed un un calo delle vendite a volume nella GDO.

Ottimi risultati sui principali mercati dell’export italiano, quali Usa +16,2%, Regno Unito +32,7%, Canada +21,7%, Giappone +25,3% e Corea del Sud +9,6%.

Gli spumanti hanno fatto segnare +25,4% in Usa, +78,9% nel Regno Unito, +25,4% in Giappone, +19,6% in Svizzera, +31,3% in Canada e +37,3% in Corea del Sud.

In controtendenza con l’export, si registra una flessione per la GDO (-6,4%) e E-commerce (-23,8%), dove a crescere è solo lo spumante low cost icon +13% in volume e +22% nei discount, mentre i più costosi spumanti a Metodo classico hanno chiuso l’anno a -9% e gli Champagne a -25%.

Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma, ha così dichiarato:”È indubbio come sul trend dell’export e delle vendite nel canale GDO in Italia abbiano pesato diversi fattori come l’inflazione, il cambio euro-dollaro e il rallentamento economico, ma gli stessi andamenti sottendono anche uno spostamento nei consumi del periodo estivo e di inizio autunno verso il fuori-casa, trainati altresì dalla ripresa del turismo dopo gli anni più critici della pandemia”.

Dalle stime di Forum Wine Monitor, il 2023 sarà un anno in cui gli italiani ridurranno gli acquisti ed il vino attualmente è al sesto posto tra i prodotti a “rischio taglio”, posizionandosi dietro a snack, bevande gassate, pesce, carni rosse e salumi.

Per quanto riguarda l’export, si prevede una crescita mediamente lenta nei mercati storici del vino italiano, ma potrebbero verificarsi ottimi risultati sui mercati emergenti quali Oriente ed Africa.

I mercati più critici risultano quelli russi e ucraini per gli effetti della guerra, così come quello cinese dove dal 2018 le importazioni sono passate globalmente dai 2,2 miliardi di euro del 2017 all’1,24 miliardi di euro del 2022.

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