Dalle Cantine Botromagno un rosato avvolgente e complesso: Rosè di Lulù Murgia Rosato IGP
Scritto da Luigina Simonetti | Pubblicato in recensioni vino
In un momento in cui la Puglia sfoggia le proprie eccellenze attraverso la tradizione dei rosati, Cantine Botromagno della famiglia D’Agostino, a Gravina di Puglia (BA), nel Parco dell’Alta Murgia, produce da Nero di Troia, il Rosè di Lulù Murgia Rosato IGP.
Emozioni forti, quasi impossibili da descrivere, ed indimenticabili, nascono vagando tra le strade di campagna del Parco Nazionale dell’Alta Murgia.
Lo scenario è quello di una natura estremamente variegata, tra complessi boschivi e uliveti, che si alternano a filari di vigneti e poi all’improvviso compaiono fratture, voragini, gravine, doline carsiche, puli, inghiottoi, grotte e lame. Sono l’espressione di straordinarie trasformazioni naturali, il segno di un carsismo che disegna il paesaggio attraverso un lavoro millenario di erosione. Un luogo in cui storia di popoli e leggende si fondono e trovano radici in borghi medievali perfettamente conservati, nelle tradizioni enogastronomiche e nei nei vitigni autoctoni.
Qui, appunto tra gli autoctoni, il Nero di Troia ha trovato il suo habitat naturale, e le leggende intorno alla sua origine sono diverse e fantasiose. La più seducente sembrerebbe far risalire il suo arrivo in Puglia a Diomede, eroe della guerra di Troia, amico di Ulisse. Ma altra ipotesi, e forse anche più attendibile, vedrebbe questo vitigno appartenere già al popolo dei Dauni, ancora prima della colonizzazione greca. Altre leggende lo farebbero risalire alla colonizzazione ellenica, legata alla città di Troia, comune in provincia di Foggia. Ma il nome riporta anche alla possibilità che provenga dalle coste albanesi, dalla piccola città di Cruja, chiamata Troia in vernacolo. Tuttavia, è solo a partire dal 1875 che se ne rinviene la sua presenza certa nei documenti ufficiali.
Così dopo le distruzioni provocate dalla fillossera, il Nero di Troia insieme a Primitivo e Negroamaro è tra i vitigni impiantati per ricostruire il “vigneto Puglia” soprattutto con l’obiettivo di produrre vini robusti allo scopo di rinvigorire i filtrati più scarichi e leggeri del Nord Italia. Infatti, quello che risulta certo è che ha un’ alta carica fenolica. Il vitigno è presente in due biotipi, uno con grappoli grandi e acini larghi ed un altro, chiamato “Carmosina”, con grappoli ed acini più piccoli, che tuttavia da un punto di vista enologico da’ risultati più soddisfacenti.
L’uva prodotta per questo rosato, proviene da una vigna antica, ad un’altitudine di 700 metri sul livello del mare, in un territorio battuto dai venti della Murgia con clima sub – mediterraneo, inverni freddi ed estati calde e secche, su un terreno di natura carsica, con marne sabbiose a bassissima fertilità. Qui la vite si è adattata producendo pochissimi grappoli, di grande intensità e strordinaria carica fenolica. L’impianto è a spalliera bassa, il momento della vendemmia giunge tra la fine di settembre ed inizio ottobre.
Vinificazione ed affinamento avvengono in acciaio, e la lavorazione si svolge in una cantina che utilizza le tecnologie più all’avanguardia a tutela dell’integrità dei prodotti e della salute dei consumatori.
Un rosato il cui nome, dedicato ad una bambina, rampollo della terza generazione della famiglia D’Agostino, già promette un futuro in ascesa. Una produzione limitata, di sole 1600 bottiglie, che rende il prodotto assolutamente prezioso. Alla vista di colore rosa intenso brillante, si lascia ammirare nel calice, e vorticando, sulla parete lascia tracce che suggeriscono una buona consistenza ed intensità. I profumi di ciliegia sotto spirito dominano insieme a sentori di mora e gelso, e quasi inatteso un finale di radice di liquirizia.
Il primo sorso è già una sorpresa di gusto, avvolgente e complesso con una leggerissima nota tannica ci riporta in memoria le caratteristiche tipiche del vitigno. Una buona struttura conferisce al rosato una personalità poliedrica così da adattarsi a differenti tipi di cucina. Servito alla giusta temperatura di 13°C può creare splendidi abbinamenti con antipasti, salumi e formaggi semistagionati, orecchiette al pomodoro con cacio e basilico, come nella tradizione della più tipica cucina pugliese o ancora con carni in preparazioni leggere.
La cura dell’azienda in tutte le fasi della sua produzione è alla base del successo di questo rosato d’eccellenza, simbolo della Puglia enologica che approda a New York . Nelle giornate del 13, 15 e 17 settembre 2016 , il Rosato di Lulù esordisce negli States in abbinamento ad un piatto con Paccheri e Broccoli “Maria Style” in tre cene, per le quali la Chef italiana Maria Cicorella del Ristorante Pasha di Conversano si cimenterà in coppia, ogni volta con uno di tre rinomati chef statunitensi , presso i seguenti ristoranti: Sony Brook a New York, il Ristorante 11 a Rumson nel New Jersey e in chiusura presso il ristorante Spuntino a Clifton sempre nel New Jersey. Mentre, nell’antica enoteca di Manahattan a New York “Sherry Lehmann” in Park Avenue rappresenterà oltre che una delle eccellenze delle Cantine Botromagno, la tipicità tutta pugliese dei rosati.