Elogio a “il Barbacarlo”

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Egli definisce Gianni Brera e Luigi Veronelli come  amici fraterni.Le sofferenze e le dure battaglie che Maga Lino ha dovuto affrontare son sempre state supportate da questi due cari ed intimi amici. In maniera indiretta anche Mario Soldati e Pier Paolo Pasolini gli furono vicino.

 
Ognuno, sin dagli albori, riconobbe la purezza di questo vino artigianale. Se ne fece menzione in testi e racconti, in guide e poesie. Il Barbacarlo fu elogiato e sinceramente apprezzato da molti personaggi di spicco, perfino da Pertini e Laura Antonelli. Soldati Mario riportò in un volume, composto da tre “viaggi” attraverso l’Italia, il suo peregrinare alla ricerca dei vini genuini lungo tutto lo stivale.

Giunse ben presto a conclusioni considerevoli <<IL VINO E’ LA POESIA DELLA TERRA>>.

Egli visitando l’Oltrepò segnalò tre vini, importanti e genuini, fra le sessanta tipologie presenti. Il primo naturalmente fu il Barbacarlo ed a seguire il Sangue di Giuda con il Buttafuoco. Luigi Veronelli sin dagli inizi della sua carriera di enogastronomo, giornalista, scrittore ed editore citò per primo il Barbacarlo. Ne scoprì la bontà e ne condivise la  conoscenza sino ai giorni nostri.

Lo citò molti anni fa, scrivendo un testo con i cento vini più grandi del Mondo (Catalogo Bolaffi). Infine ma non ultimo assegnò ogni anno sino al 2003 (data della sua morte) il riconoscimento del “Sole” sulla guida Oro ai Vini d’Italia. Il 2003 fu anche l’annata più torrida di sempre e ovviamente il vino scaturì grasso, ricco, solare ed ostinatamente dolce. La commissione d’assaggio bocciando la dolcezza gustativa che l’anno aveva conferito, escluse il vino dalla denominazione Oltrepò Pavese  DOC. Il vino è figlio dell’annata e così doveva rimanere, un fedele calco dell’anno trascorso. Da allora il Barbacarlo non riporta in etichetta la denominazione Oltrepò Pavese ma l’indicazione geografica tipica Provincia di Pavia.

Un ricordo su tutti che a Maga Lino piace sottolineare è la volontà di sboccare il vino, versando nella caraffa un mezzo bicchiere, in modo da restituire alla terra ciò che ogni anno gli dona. Infine la volontà di non versare l’ultimo sorso. Quest’ultima accortezza subiva una deroga nel caso di Veronelli, l’unico che poteva goderne per saggiare la genuinità del vino! L’amicizia con Gianni Brera fu intensa, si instaurò dapprima durante la Milano-Sanremo, successivamente durante una degustazione di Barbacarlo condotta assieme, ove presenziarono più di cinquecento persone.

IL CREDO E LA CAUSA
Maga Lino, uomo caparbio e tenace, combattè per vie legali, una causa durata ventidue anni. Il 6 agosto del 1970 la DOC Oltrepò Pavese venne istituita. Conseguentemente si apprenderà che la legge decretava la produzione di Barbacarlo in quarantacinque comuni. La legge per la delimitazione delle sottozone stabiliva che la zona di produzione del Barbacarlo doveva avere condizioni geologiche e organolettiche similari alla collina Porrei. Maga Lino, di tasca propria, si adoperò per le verifiche a campione, con un notaio al seguito, sui vini delle aziende in questione. Il risultato fu quanto mai scontato, nessun campione presentava somiglianze fisiche od organolettiche. Ottenne che la sottodenominazione Barbacarlo fosse ristretta alla sola Vigna Barbacarlo. Le aziende, coalizzate, uscendo dal disciplinare decisero d’usare questo nome come appellativo di fantasia. Fu solo allora che Maga Lino decise di rivendicare il toponimo in questione come marchio aziendale. Per ottenere ciò, fece causa a mezzo Oltrepò, dai consorzi ai ministeri passando per i singoli produttori. Vinse la causa, con molta sofferenza, riuscendo a vedersi riconosciuto l’uso esclusivo del nome Barbacarlo, giuridicamente come marchio commerciale di sua proprietà.

LA VIGNA E LA CANTINA
Otto ettari in totale, di cui quattro per la vigna Barbacarlo e quattro per la vigna Montebuono. Altri dieci ettari son tornati boschivi per via dell’enorme lavoro manuale che richiedono queste ripide e scoscese colline. Vigne per lo più centenarie da cui ricavare 30-35 quintali per ettaro ove lo sflacio dell’erba interfila è meccanico e l’allevamento della vite è a spalliera con potatura a Guyot. Le grandi botti di rovere impiegate son molto vecchie, la più giovane vanta trent’anni di servizio mentre quella più vetusta è centenaria. Ogni anno queste botti vengono preservate e rigenerate con cura maniacale. Infine i tappi di sughero sono importati da un artigiano di Parma che li cura uno per uno e li produce con metodo tradizionale. Ovviamente il fino non subisce alcun trattamento di chiarifica, filtrazione o stabilizzazione.

“Guardo ogni volta commosso le colline pavesi, che sono il mio dolce orizzonte di pampini. La terra padana si ondula come un immenso mare sfrangiato in profili per me familiari fin dall’infanzia. Le onde sono di un intenso verde e via via si fanno violette azzurre celesti fino a confondersi, appunto, con il cielo. Le colline emergono roride fuori dai bassi vapori di Aprile, lunghe trecce di filari ne compongono le strane e pur simmetriche pettinature. La vite è di un tenero verde a Primavera; il grano di un verde metallico, quasi azzurrino. I temporali dilavano l’aria. Le colline si laccano talora di colori brillanti, qualche costone è fatto calvo dal sole. Come le argille nude mettono sete, viene la vendemmia e i pampini arrossano ai primi brividi d’Autunno. Macchie di querce e castagni appongono terre bruciate, verdi marci, sontuose ocre gialle. E quando il gran soffio del fiume dirada la nebbia, appaiono i dossi bianchi delle colline sorprese dalla neve; ma spesso vi brilla il sole. Le acque dei nostri fiumi sono sinistramente gelide e mettono voglia di stufa. Le colline invece dilatano il respiro, sono imminenti e lontane, familiari e pur favolose. E il vino è la loro sintesi arcana”. [Gianni Brera]

VIGNA BARBACARLO
Sicuramente in maniera nitida si intuisce ,ad onor di fama, che l’azienda è denominata appunto Barbacarlo. Sono pochi a potersi permettere di ricondurre il nome dell’azienda al proprio vino. Esso altro non è che un toponimo e non un nome di fantasia. Il Barbacarlo è il nome dato alla superficie di una vigna situata su una scoscesa collina di nome Porrei. Semplicemente vigna Barbacarlo (cru). Il toponimo ,appunto luogo geografico, diviene persona fisica oltre che giuridica, tanto da esser appellato come Signor Barbacarlo. Se suddividiamo il toponimo in due parti , Barba – Carlo, si può ricondurre, tramite il dialetto locale ,influenzato allora da quello genovese, l’etimologia della parola “Barba” al significato di “Zio”. Il generoso Zio Carlo che suddivise i vari appezzamenti vitati fra i nipoti, alla sua morte nel 1897. L’ufficiale ,Cavaliere e Commendadore Lino Maga ricevette in eredità un appezzamento della collina Porrei donata appunto dallo Zio Carlo. Conseguentemente a quell’anno, il vino prenderà il nome dalla vigna. Il nome dell’azienda riporta quindi il nome della terra, riconduce l’origine stessa alle radici della vite site in quel fondo ,rivolto a sud/sud-ovest, ove vien distillata l’essenza della Val Maga. Quest’ultima concentrata nel turgido e succoso grappolo salato. Curioso sottolineare come l’etimologia della parola Porrei riconduca al significato : luogo di casa, infatti contemporaneamente si ritrovò un atto notarile del 1785 nel quale si affermava che l’intera collina Porrei era di proprietà della figlia Maga. La famiglia Maga era persino proprietaria dell’intera valle Maga fin dal 700′ , la quale comprende tutt’oggi i colli del Montebuono e del Ronchetto. La vigna ha un altezza media che si aggira attorno ai 300 m.s.l.m. e vi si ritrovano principalmente tre uve: croatina, uva rara e ughetta ( vespolina ). Le percentuali variano di anno in anno ma le proporzioni in linea generale vengono rispettate : 55% di croatina, 20% di uva rara, 20% di ughetta e il 5% restante è composto in maniera promiscua da barbera,moradella e freisa. Maga Lino da sempre conosce l’ottimo pedoclimatico dei suoi vitigni, infatti la croatina vien sempre posta su terreni profondi e strutturati situati quindi alla base della collina, mentre a metà costa vien posta la vespolina in quanto bisognosa di terreni caldi ed umidi, non esposti ad eccessive brezze. In ultimo sul bricco della collina vi si ritrova l’uva rara bisognosa di terreni maggiormente sciolti, drenanti, siccitosi ma sopratutto poveri di sostanze organiche.

VIGNA MONTEBUONO
Un’etichetta nera su cui è raffigurata una lapide. Quest’ultima è di epoca romana, ritrovata a circa venti chilometri dal fondo. Essa raffigura un certo Camelio Magus, il quale, nell’abitato di Broni vinificava. Il “destino” vuole che l’appellativo Cameliomagus altro non era che il nome romano di Broni. Un fondo posto su una collina antistante la vigna Barbacarlo. Un vigneto tondeggiante posto in posizione apicale a mo’ di cappello da vescovo. Si chiama Vigna Montebuono, o Vino di Napoleone, perché dopo la battaglia di Marengo, Napoleone si fermò a Broni. Quando bevve questo prezioso nettare, ne fu talmente entusiasto e gratificato da poter appellare e riconoscere ,ancora oggi, il Montebuono come vino di Napoleone. Esso fa parte di una zona storica denominata Sangue di Giuda, una sottodenominazione tutt’oggi in vigore. Scopro che per determinare le caratteristiche del Sangue di Giuda fu prescelto proprio il vigneto Montebuono. Storicamente il Sangue di Giuda è prodotto da diverse altre vigne, verso Est, quindi non sarebbe stato sensato pretendere di restringere il Sangue di Giuda al solo Montebuono. Lino stesso non ha voluto sfruttare il nome del Barbacarlo, infatti avrebbe potuto imbottigliare le uve del Montebuono come Barbacarlo. In aggiunta il Montebuono è un vigneto “facile” da lavorare con minor costi di produzione. Ma l’integrità etica, morale ed intellettuale è come un’orme masso granitico inscalfibile di cui i vigneti, la cantina e Lino stesso ne fanno parte!

<<….Car al mè Giuan (Gianni Brera). Mi gò na vuluntà che si ciàp un barnàs ( paletta da camino ), sbùs la culìna ‘d Sàn Cuntard e sa mòr nò prima, vò fòra ‘n Val Maga…MAGA LINO >>
<<…PER BER IL BARBACARLO BISOGNA ESSER ALMENO IN DUE….TU E LA BOTTIGLIA!   MAGA LINO >>
<<….MOLTA GENTE CREDE CHE BASTINO I QUATTRINI PER BERE BENE : SI PUO’ BERE ANCHE MALE CON VINO OTTIMO, BENCHE’ SIA ASSIOMATICO E INEVITABILE IL BERE MALE CON VINO CATTIVO. GIANNI BRERA.>>

CAVALIERE LINO MAGA – VINO ROSSO DELLA LOCALITÀ MONTEBUONO 1982
Trentacinque anni or sono da quest’ultima vendemmia ed il “consueto immortal guizzo vitale si riscopre euforico, diviene impetuoso ed esagitato. Un risveglio primaverile in grande stile ed in piena forma. Turbinano smargiassi i dolci effluvi indigeni, assimilabili a solari fragoline di bosco laccate, verniciate, di rosso smaltate rimembrano antiche rosee tinte, simil al matur cuore del passionale frutto.  Polverosa ma succosa, di cipria imbellettata, la romantica tonalità, ricorda sfumature liberty dai tenui tratti spensierati. Il corrosivo agente salmastro attanaglia una coppia di mature marasche , sferza ,iodato, giacinti ed hibiscus esaltando la pungente virtù dell’odoroso liquido. Un’essenza cangiante, dolce ma allo stesso tempo salata, richiamata al gusto da una sensazione umami. Una mousse di karkadè, rabarbaro e lampone con una sensazione vegetale di barbabietola e bianco muschio. Massivo, massiccio e centrale.  Ghèt fàm? Mariola!

CAVALIERE LINO MAGA – VINO ROSSO MONTEBUONO 1986
Anarchico, ribelle e bizzarro lascia godere della sua sostanza senza “schiuma”. Nel mezzo del cammin verso il fondo, si risveglia. Discreto sussurra, tenta un dialogo tumultuoso. Ri-fermenta e ri-corda ,a noi tutti, di rimaner umili e rispettosi interpreti d’una natura benevola. Macchia e marchia la saturazione dell’antociano il quale eterno si rifiuta di polimerizzare, nonostante abbia sorpassato da qualche mese il trentesimo compleanno. Umidi e tiepidi vapori terragni aleggiano selvatici assieme ad afrori da pelo idrofilo. Sature foglie di malva, borragine e valeriana esalano il loro spirito lenitivo. Un gusto asciutto da gengiva pressoché asciugata, ritratta e scottata da cotanta serbevolezza. Sensazioni granitiche, marmoree e cristalline. Un aranciato ciottolo di bauxite, stridendo, prova a disfarsi su d’un consunto asfalto al seguito d’una vivace precipitazione. Un gusto salato si infiltra negli anfratti calcarei. Reminescenze tostate di tabacco kentucki e cuoio lavorato. Direi un metallo prezioso ma soprattutto pesante…ferroso ed ematico. Ghèt fàm?  Salame d’oca!

CAVALIERE UFFICIALE LINO MAGA – BARBACARLO 1989
Coerenza di anzianità visiva, unghia granata ed un corpo centrale leggermente scarico. Ovviamente il concetto di coerenza è relativo al paradosso del signor Barbacarlo. Un tempio spirituale, sacro, in cui l’equilibrio monastico regna sovrano. Sfilano armoniche e progressive le ordinate sensazioni viscerali. Allegre e grasse emozioni composite sfoggiano composte e disciplinate. Particolareggiato, definito, cesellato e dettagliato mostra nitido il gusto stratificato. Spezie ed erbe aromatiche sfilano assieme al carosello di sentori floreali e vegetal-fruttati . Ampia gamella composita : grani di pepe nero, secche foglie d’alloro, noce moscata intera, chiodi di garofano, fresche foglie di timo e bacche di ginepro essiccate a macerare col sanguigno taglio, adoperato per l’imminente stracotto. Il polputo ed elegante frutto mostra equilibrio tramite una fresca vena sferzante , la qual riporta toni equilibrati di mirtilli maturi e nere susine assolate. Plenario, omnicomprensivo ed assoluto!  Ghèt fàm?  Salame di cinghiale!

COMMENDATOR LINO MAGA – BARBACARLO 1994
Selvatico, selvaggio, indipendente e concettualmente libero da ogni briglia o biga che voglia guidarlo lungo un circuito tracciato. Non è secco ma non è abboccato, è materico ma anche amaro quindi magro. Toni introversi, ombrosi ma saporiti di china calissaia e genepy. Spesse fette di bionde arance immerse nel liquore d’erba iva. Pétillant evanescente, estrae ed eleva emozioni sanguigne di cacciagione. Rame ed allume a graffiar la papilla. Austero ma gratificante, riservato come un gustoso nebbiolo sabaudo. Scaltro, sterza e stupisce la mente condizionata da un giudizio affrettato.  Ghèt fàm?  Coppa di testa!

COMMENDATOR LINO MAGA – BARBACARLO 1996
Un paio di borgognotte per questo millesimo, dello stesso anno e lotto, affinate l’una accanto all’altra nella medesima cantina, poste per più di un decennio in posizione verticale. A proposito di Borgogna, il Barbacarlo riporta in etichetta il millessimo in separata sede, che per stile ,forma e posizione, pare molto simile alla famosa e biodinamica azienda Romaneè Conti! Non da meno il 45° parallelo , noto per la famosa vocazione viticola, attraversa il territorio Borgognone per transitare ,infine, in Italia nella zona dell’Oltrepò! Coincidenze e pensieri astrusi d’un degustatore estasiato da cotanta bellezza e bontà! Il primo campione rigonfia il sughero ,una volta estratto, come un rifermentato ancestrale ove l’evanescente carbonica rimane ad esaltare l’olfatto e la beva compulsiva. Fresco e giustamente tannico assurge a reminiscenze boschive ,di corsi d’acqua e massi bagnati. Freschi, pungenti e solenni lilium coronano assieme ad orchidee e garofani il natural sermone del miracoloso fondo.  Dalla seconda borgognotta ne scaturisce un liquido ipnotico ma assolutamente “piatto”, fermissimo! Centrato su calde spezie ed equilibri ricercati, apparentemente meno leggiadro ma sicuramente più dinamico in raffronto. Ghèt fàm?  Lardo alle erbe!

COMMENDATOR LINO MAGA – VINO ROSSO VIGNA MONTEBUONO 1998
Non saprei come indicare la dinamica fisico-chimica, ma tenterei con l’apporre la presenza di alcune molecole di CO2 sparse in ordine casuale all’interno del liquido odoroso. Cadenzate si ripropongono ,alle papille deliziate, dopo svariati minuti di silenzio  salvo poi disperdersi. Un tripudio di gioia solare, densa e gustosa di neri gelsi salati, corposo come fosse una tapenade di olive nere e capperi . Tarchiato, materico ed opulento mantiene la sua secca essenza ma il frutto è ampiamente masticabile. Balsamico come pochi altri millesimi, mazzi di dolce nepitella macerati in un distillato d’eucalipto e resina. Forma , gusto e sostanza satolla la pancia godereccia.  Ghèt fàm? Slinzega!

COMMENDATOR LINO MAGA – VINO ROSSO VIGNA MONTEBUONO 1999 – VIGNA BARBACARLO 1999  
Millesimo complessivamente buono ma altalenante. I primi mesi estivi risultarono assolati e siccitosi mentre ,nella seconda metà del mese d’agosto assieme al periodo di settembre, continue piogge hanno creato problemi in vigna e una diluizione sostanziale dei grappoli. Tonalità leggermente scarica rispetto alle anziane compagne. Sbuffi tartufati si alternano a sensazioni secche , come potpourri e carruba. In evidenza sostanziali combustioni di corteccia e tamarindo nel braciere. Caldo, secco a volte fresco. Fedele esemplare che ne ricalca l’andamento climatico. Personale e caratterizzato, come ogni millesimo del resto. Curiosità : abbiamo oramai appreso che ogni bottiglia non è mai uguale a se stessa, perfino quando tutti i parametri intrinseci combaciano. Non è escluso però che vi si ritrovi talvolta una sostanziale somiglianza fra i due millesimi e fondi . Una stupefacente rarità quest’ultima , data dal fatto che i vini del Commendator Maga Lino non sono quasi mai simili! Se avete ancora sete rileggetelo tutto ma intanto se avete ancora fame gustiamoci un po’ di Culaccia!

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