L’Aurora di Emidio Pepe
Scritto da Jenny Gomez | Pubblicato in recensioni vino
Una storia abruzzese di coerenza produttiva sin dall’esordio. Identità oltre le mode.
C’era una volta la “Casa vinicola Aurora”! Così si chiamava quella che oggi conosciamo con il nome di “Azienda agricola Emidio Pepe” o semplicemente “Pepe” sinonimo di vini ottenuti esclusivamente con lieviti indigeni, da sempre e in barba alle tendenze del momento, “moda” su cui in questo articolo non intendiamo affatto disquisire. «Nel 1964 quando ho fondato l’azienda andavo a proporre i miei vini, piacevano, ma nessuno li chiamava per nome, tutti dicevano: “ i vini di Pepe”. Così io e mia moglie Rosa abbiamo rinunciato al nome Aurora che mi piaceva tanto».
Racconta Emidio, coriaceo e simpatico ottantenne colonna portante dell’azienda – ubicata ai piedi del Gran Sasso nel comune di Torano Nuovo (Teramo) – in cui lavorano le figlie Sofia e Daniela e muove i primi passi la nipote Chiara. Gestiscono 15 ettari coltivati in prevalenza a Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo, con una piccola parte di Pecorino. Sistema di allevamento misto, a filare e a tendone, con vigne vecchie di 40 anni, terreno argilloso e forte escursione termica. Tutto l’impianto è trattato esclusivamente con zolfo di miniera e acqua di rame.
«L’uva viene raccolta a mano, prelevando solo i grappoli sani e maturi. Trebbiano e Pecorino vengono spremuti con i piedi dentro una grande vasca di legno, costituita da un fondo di assi accostate che lasciano passare soltanto il succo degli acini». Spiega Sofia Pepe durante la visita della cantina e successiva degustazione fatta insieme a Daniele Zunica, patron del rinomato Hotel&Ristorante Zunica 1880 di Civitella del Tronto, e i giovani della brigata dello chef stellato Massimo Bottura. «La diraspatura dell’uva rossa – prosegue Sofia – viene fatta a mano, premendo e sfregando i grappoli su una rete metallica sovrapposta a tini di legno. L’uva fermenta in vasche di cemento vetrificate e in assenza di lieviti selezionati e solforosa». Conclude Sofia, «ci sono molte persone che stentano a capire la nostra filosofia produttiva, ma dopo la visita in cantina hanno le idee più chiare e se per caso fanno la vendemmia con noi, allora svanisce ogni dubbio quando si infilano gli stivali per la pigiatura con i piedi».
Emidio Pepe lavora così dai tempi di Aurora, cioè, da sempre è fautore della la fermentazione spontanea. I suoi vini non concedono mezze misure: piacciono o no. I lieviti indigeni per Pepe sono un patrimonio irrinunciabile e tracciano l’impronta genuina che costituisce il marchio distintivo della sua produzione. Per i rossi il mosto va a contatto con le bucce in vasche di cemento, viene gestito con follature manuali, rimane per due anni nel cemento prima dell’imbottigliamento. Il Trebbiano è vinificato in assenza di vinacce e dopo 15 mesi viene imbottigliato e riposto in cantina. Pepe rifiuta il legno, per le riserve non ha mai utilizzato botti o barriques perché ritiene alterino la personalità del vino. Quindi il vino invecchia in bottiglia e si decanta naturalmente, perché con la filtrazione perderebbe tante proprietà. I sedimenti vengono rimossi travasando le bottiglie nel momento in cui vengono richieste, la colmatura è fatta con vino della stessa annata, si sostituisce il tappo e lo si marchia con l’anno di decantazione.
Emidio Pepe è testimonial della sua terra, prima con i vini e adesso anche attraverso una visione moderna di marketing territoriale, sempre legato alla tradizione. L’azienda offre spazio alla ricettività nel confortevole agriturismo (ristorazione per gli ospiti ) e ha un calendario stagionale di iniziative culturali presso la cantina. Dalla prima A degli esordi con Aurora, Emidio Pepe ha progredito senza mai perdere la propria identità, oggi aderisce al “Manifesto Triple A”: Agricoltori, Artigiani, Artisti ed è un indiscusso punto di riferimento nel panorama vitivinicolo abruzzese e italiano in merito alla fermentazione con lieviti indigeni, da sempre e oltre le mode.