Luna rossa mi parla di te
Scritto da Marina Betto | Pubblicato in recensioni vino
Pronunciando questo nome non so se pensare alla canzone degli anni ‘50 “ Luna Rossa”, struggente dichiarazione d’amore cantata da artisti come Claudio Villa e Renzo Arbore o alle regate di cui si favoleggiava alla fine degli anni ‘90 , dove Lunarossa era il nome del veliero italiano in gara per l’America’s Cup ( detto anche proiettile d’argento).
“Gli occhi guardano il mare e i piedi sono piantati nella terra, fra le splendide colline a metà strada fra la costiera amalfitana e quella cilentana”così è scritto sul biglietto da visita dell’Azienda Lunarossa, e da queste parole così evocative non si può non rimanere colpiti e incuriositi, per non andare ad assaggiare i vini prodotti.
I due giovani produttori, marito e moglie, raccontano con serio entusiasmo, la storia dei vigneti immersi in un paesaggio suggestivo, dove le colline degradano verso il mare, aprendo lo sguardo su uno spettacolo naturale , fatto di mare e verde lussureggiante, profumo di limoni e erbe campestri, che non può non fare innamorare.
Alle spalle ci sono i Monti Picentini e di fronte il Golfo di Salerno, capace di regalare brezze salutari alle uve; il suolo è ricco , sia di calcare che di argilla.
La prima vendemmia dell’ Azienda è stata la 2001, con vitigni tradizionali campani, Fiano e Aglianico, insieme a Cabernet sauvignon e Merlot. Dal 2006 oltre alla nascita della linea Costacielo, vengono prodotti “ Borgomastro” un Aglianico in purezza e “Quartara” un Fiano in purezza vinificato in anfora frutto di un disegno produttivo che vuole porre l’accento oltre che sulla qualità anche sulla storia millenaria che la tradizione campana in ambito enologico ha sempre avuto. Se il Fiano e l’Aglianico hanno la culla d’elezione nella provincia di Avellino, con un suolo minerale e vulcanico capace di trasferire alle uve sentori raffinati ed unici, la zona del Cilento dona altre caratteristiche alle uve , rendendo riconoscibile nel bicchiere un tocco più caldo, pieno, solare.
Mario Mazzitelli , è laureato in Scienza dell’Alimentazione, ha costruito la sua esperienza lavorando con Venica &Venica, poi c’è stato il Master milanese con il Prof. Attilio Scienza, quindi la conoscenza di Roberto Cipresso presso un’Azienda pugliese e in Toscana, che lo ha portato fino in Argentina. Come ogni buon emigrante ha sempre coltivato il desiderio di tornare nella terra d’origine e rivedere il suo splendido mare, ed è tornato in Italia , nella sua Campania.
La “Campania felix” ( la prospera Campania) era il bacino produttivo , elettivo per quanto riguarda il vino, dell’antica Roma; ha visto principalmente la coltivazione di tre vitigni : Fiano, Greco e Aglianico.Questo trittico sviluppa caratteristiche e peculiarità diverse in ogni zona della regione. Ad esempio la Falanghina coltivata nei campi Flegrei ( zona costiera in provincia di Napoli) inspessisce la buccia, riduce la vigoria, e riesce a dare una longevità al vino che non si conosceva.
Nella linea Costacielo uvaggio bianco troviamo Fiano e Falanghina in blend al 50 %.I due vitigni si fondono nel colore che è giallo dorato con riflessi verdi, nel profumo intenso di fiori e avvolgente di frutta esotica, con richiami di nocciola, e nel gusto che vibra di freschezza e si allunga sapido .
Costacielo uvaggio rosso è invece un blend di Aglianico e Cabernet al 50%. Il rosso è rubino con riflessi viola , il naso annusa una coppa di frutti di bosco appena colti e ricordi aromatici di fieno bruciato dal sole estivo; al palato la forza dell’Aglianico viene stemperata dal Cabernet e il sorso risulta rotondo e fruttato con tannini morbidi.
Il Quartara è composto da solo Fiano; siamo in presenza dell’uva bianca più importante d’Italia con la quale si possono ottenere vini di grande struttura e grandissima potenza; è un vitigno capace di leggere la mineralità del territorio nel quale viene coltivato e riportarla tutta nel bicchiere; questo vitigno ha bisogno di una mano decisa in vigna per limitarne la vigoria, per essere domato e dare il meglio di se. Mario Mazzitelli mi racconta come , ispirandosi a Josko Gravner, abbia deciso di metterlo in anfora, e produrre un vino singolare e unico;la fermentazione delle uve avviene come per un vino rosso, cioè sulle bucce, inoltre si utilizzano anfore ( quartare) interrate nella bottaia.
Questa antica tecnica di vinificazione , in un materiale vivo come la terracotta cruda, permette un’osmosi con l’ambiente circostante, che raffreddandosi con l’umido inverno, conserva fresca, viva, l’uva al suo interno mentre avviene la fermentazione. Il risultato dona un naso netto, mellito, floreale, delicato di vaniglia. La bocca è piena , morbida, con tannino sostenuto dalla buona presenza di acidità.
Borgomastro è Aglianico in purezza che viene vinificato con macerazione sulle bucce, che si protrae oltre le due settimane, per equilibrare la ricchezza estrattiva dell’uva. Anche l’affinamento che avviene in botti di castagno e rovere di diverse capacità, è volto a sferzare questo vitigno potente, per raggiungere un’ esplicita eleganza. Il profumo è caratteristico e riconoscibile del vitigno, con la presenza di un vivido sottobosco e aromi mediterranei; il sorso è gagliardo, mano di ferro in guanto di velluto.
L’azzurro del mare, che riempie l’orizzonte dai vigneti dell’azienda, è espresso anche in Rossomarea, un blend di Aglianico e Merlot. Colore scuro e denso, naso fruttato e speziato con richiami di liquerizia e rose, possiede un gusto energico e accattivante; persiste con un tannino che è un’onda docile del mare, placando una sete di sole e colore che forse manca a quest’estate 2013.