Stefano Milanesi: il vignaiolo poliedrico

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Padano o Oltrepadano? Lasciamo al Po la divisione, a chi chiama, con superficialità, quel territorio Oltrepò, mettiamoci anche Pavese. Milano e Pavia, in origine, non avevano buoni rapporti se non feudali.

Da Santa Giuletta si ergono ripide e scoscese le prime colline; Stefano Milanesi  risiede in una piccola frazione che si chiama Castello di cui non se ne percepisce molto la presenza. Però il paese con il suo “castello” esiste cosi come Stefano, che interpreta la sua vita e la sua azienda in prima persona, mettendoci la cura che la responsabilità gli dona. Lui è l’azienda. Azienda agricola Stefano Milanesi

In un territorio deciso ad ingrossare le fila della quantità, “svenduto” al commercio più bieco, egli si erge a difesa della qualità e come un faro illumina! Lui, non si accontenta, il protocollo naturale è certificato, ma non ricompensa nemmeno una piccola parte dello sforzo profuso tra i locali di vinificazione e affinamento. L’assoluta essenza minimalista di una cantina che lavora in sottrazione, la mano tesa ad accompagnare l’uva nella sua pacata trasformazione senza forzature. L’uva è il concentrato del suo suolo che ha subìto l’andamento climatico dell’intero anno.
Le Vigne del microclima oltrepadano

 

Un produttore attento e poliedrico in continua crescita e sperimentazione. Variabilità intraspecifica da filare e da ceppo a ceppo, tre le varietà maggiormente coltivate: croatina, barbera, pinot nero. Sbucano solitari e saltuari ceppi di cortese, verdea, riesling, trebbiano, sauvignon e con quest’ultimo è stato capace di produrre una piccola “botticella” di passito muffato ancora in affinamento. Le restanti uve bianche vengono impiegate in un uvaggio chiamato “Poltre”, in passato “Setteuve”, comprensivo della varietà chardonnay oggi espiantata.

Il Terreno ben drenato, ha pendenze variabili dal 40 al 60%; è autunno ma sbuffo e sudo camminando tra i ripidi filari, cerco di recuperare energie assaggiando qua e là qualche chicco di croatina lasciato sulla pianta, è dolce, matura al punto giusto, lo percepisco perché i vinaccioli che mastico sono anch’essi dolci e poco allappanti.

In tre parole: maturazione polifenolica perfetta! Rimango colpito,  trovo conferma del particolare microclima di cui questa terra giova, sui muri perimetrali del vicino castello, oggi villa privata, crescono rigogliosi e spontanei i fiori e i frutti della saporita pianta del cappero (con tanto di cartello che ne vieta la raccolta a seguito delle ripetute scorte da parte dei più accorti operai siciliani in zona).

Con le spalle rivolte verso l’umida e calda pianura, guardo a sud e avverto la fresca brezza del Tigullio che sollazza le membra accalorate…

Curiosità: Piccole scarpate, sezioni di terreno scavate per i passaggi tra i vari appezzamenti mettono in mostra la bianca marna calcarea e quella giallo tufacea, assieme ad altri terreni sciolti, come le sabbie ed arenarie.  Patrimonio storico da viti vecchie di 70 anni le quali stranamente non hanno fusti voluminosi ma alquanto scarni e nervosi Stefano mi spiega che il portainnesto usato, il 420A, limita la crescita del tronco in quanto poco vigoroso. Dimenticati biotipi di barbera crescono selvatici nei suoi appezzamenti, quest’ultimi son autoimmuni a svariate e consuete malattie, a breve verranno recuperati  nella mischia, spontanei portainnesti di rupestris Du Lot completano il quadro di una tenuta viva!
Veniamo accolti come degli amici di lunga data, ci riserva un’ospitalità commovente non si risparmia, gustiamo e chiacchieriamo, parliamo e divaghiamo, sempre con il calice pieno di ogni suo singolo vino in svariati millesimi, che piacere!

Stefano, dal suo spumante, al vino rosso più corposo porta in cantina uve molte mature, morbide e piene che ben si bilanciano alla struttura gusto-aromatica finale del vino.

Pinot nero metodo classico Nature “Vesna” 2012, uno spumante “grasso” e gustoso,  dalle note sapide e calcaree, si avverte il gusto solare dell’uva matura, un sorso fresco dal perlage setoso, fine ed elegante, è un millesimo con quattro anni sulle spalle!

Seguono due uvaggi bianchi, il Poltre 2014 e il Setteuve 2004. Due uvaggi simili ma con differenti evoluzioni entusiasmanti, profumano di tarte tatin, di rosse e carnose pere Decana del Comizio e composta di cotogne.

Il Cabernet Sauvignon Alessandro 2011 viene affidato alle mie papille, le quali avvolte dal dolce e amaro cioccolato desiderano capire come l’olfatto possa percepire note di maggiorana ed incenso.

Si affianca velocemente la Barbera Elisa 2009 pronta a rispecchiare note più fresche e scattanti che profumano di peonia e magnolia nera, un estasi…!

Mi viene proposto il pinot nero nelle sue svariate vinificazioni, un vitigno fortemente voluto ed apprezzato da Stefano.

Iniziamo con il Neroir 2014: pinot nero vinificato in cemento con macerazione di bucce di sole 24ore, l’unica notte d’amore che gli viene riservata con il mosto, da viti più giovani.  

Helga 2009, il pinot nero è il protagonista, la vinificazione è in cemento mentre per il Maderu 2009 il pinot nero è fermentato e affinato in legno per circa 4 anni.

Pinot Nero “Maderu” Oltrepò Pavese Doc 2003

Senza etichetta, nascosto e conservato gelosamente in pochi esemplari, affidato alla custodia del tempo… Sapiente e bilanciato l’equilibrio tra i piccoli consunti legni e il vitigno.
Dolce come un’amarena rubata a cavalcioni sul ramo della pianta nell’angolo di un terreno privato, la resina mentolata sulle mani sfregate, vegetale e animale dopo il torto a numerose foglie, in bocca il rabarbaro e la bella sensazione amarognola di un nocciolo di ciliegia a lungo gustato, un ricordo lungo di orzo tostato, penetrante come il caffè di un ozioso e caldo pranzo estivo. Umido e scuro come il calar del sole in un bosco autunnale le cui ombre all’interno si agitano al richiamo della notte…
Due anime ben fuse, levigate ed inseparabil, intarsiate dal tempo!

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