Brandy d’Armenia
Scritto da Pino De Luca | Pubblicato in distillati
“Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna.” Genesi [9,20]
Era appena finito il diluvio universale secondo la Genesi. Ora non è qui che dobbiamo decidere se la Bibbia è un libro di storia o di leggende, ma il fatto stesso che una scrittura millenaria parli di vite e di Monte Ararat segna che sia la vite che il monte Ararat esistevano già da quando quella scrittura fu vergata.
Né abbiamo altre scritture precedenti che danno simile testimonianza. Dobbiamo arguire che, dal punto di vista archeologico documentale, qui nasce la coltivazione della vite.
Vi sono leggende secondo le quali all’agricoltore Noé (in antico sumero sembra che Nu’u sia il coltivatore della terra) fu Satana in persona che insegnò la coltivazione della vite. E sembra che gli suggerì di insozzarla con sangue di agnello, di leone, di maiale e di scimmia. Da qui verrebbero i quattro gradi dell’ebbrezza. L’arrendevolezza dell’agnello, la ferocia del leone, il sudiciume del maiale e la follia della scimmia.
Come è e come non è il monte Ararat, Noé e l’Armenia hanno una parte importante nella storia del vino. E per i suoi derivati?
Finalmente partiamo dall’origine, dalla primigenia primogenitura, dal brandewijn che diventa brandywine e quindi semplicemente Brandy, ovvero vino “bruciato” nel senso di distillato. Nulla a che spartire con il Conditum Paradoxum.
Il principio di tutto, è il brandewijn, poi diventato in alcune zone armagnac e cognac e tante altre cose.
E siccome siamo nelle origini, nel principio vero o leggendario che sia, ci permettiamo di raccontare il Brandy di Ararat, la storica distilleria Armena di Yerevan, al tempo dell’URSS sotto l’egida del Soviet che si avvaleva della perizia di Markar Sedrakyan. Dal 1998 la Ararat è conglobata con la Pernod.
I Brandy prodotti per il mercato italiano sono tre:
Vaspurakan, che in armeno significa “paese nobile”, luogo dalle architetture meravigliose e dalla terra ricca e prospera. Il brandy tende a rappresentare questa opulenza. Invecchiato 15 anni botti di quercia caucasica, presenta un intenso color ambra con riflessi di oro antico. Al naso è strutturato e complesso, di spezie, legno affumicato e frutta secca. Al palato è ricco, pieno e rotondo, nobile e vellutato con retrogusto intenso e velato da note dolci.
Nairi, dedicato all’omonimo leggendario popolo che viveva nel Regno di Urartu con capitala Tushpa. Popolo forte e valoroso, indomabile. Il brandy è invecchiato 20 anni sempre in botti di quercia del Caucaso, all’olfatto si presenta armonioso, setoso, raffinato, con una fragranza balsamica arricchita da toni citrici di cedro e pompelmo rosa. Al palato si conferma ma evidenzia una piacevole contrapposizione con le note più speziate di legno, miele e cannella. Lunghissimo e persistente.
Dvin. Brandy preferito da Winston Churchill. Lo assaggiò per la prima volta nello storico incontro a Yalta con Stalin e Roosevelt. In seguito, su ordine di Stalin, Churchill cominciò a ricevere un carico di Dvin ogni mese. Fino alla fine dei suoi giorni, il Primo Ministro fu un devoto ammiratore del leggendario brandy armeno, riconoscendo in Dvin un drink per esperti conoscitori, capaci di apprezzare a fondo le qualità uniche di un grande brandy. Grazie al lungo invecchiamento in botti di quercia caucasica (10 anni), Dvin acquisisce un ricco colore ambrato, con sfumature intense mogano. L’intenso aroma rotondo e speziato è bilanciato da note di frutta secca, mandorla dolce e spezie profumate.
Il top della gamma essendo un Single Cask ed è imbottigliato a 50° alcolici. Ha collezionato numerosissimi riconoscimenti internazionali