Prepariamo il Sazerac

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“Pronto Prof.”
“Dimmi”
“Che ne pensi se facciamo un corso per barman?”
“Dipende, a me ‘sta storia che tutto diventa tecnica e spettacolo un po’ mi ha stufato. Ho nostalgia del signor Antonino che mi guardava e indovinava di cosa avevo voglia quando, seduto ad un tavolino piccolo, scrivevo appunti sulla moleskina con la matita …”.


Il dialogo prosegue e, di certo, è assai poco interessante come sostiene un bravo direttore di giornale, solo SSS (Sesso, Sangue e Soldi) fanno vendere. Ma qui di S forse c’è quella di Sambuca. E il mio direttore è paziente assai.

La conclusione è che il caro Elia Calò, con l’AIBM, il corso lo ha aperto per davvero e con la promessa che, un qualche giorno, rivivremo antiche atmosfere fatte di Short, Medium e Long Drink dai nomi che profumano di cipria e di sigaro, di musiche malinconiche e di boogie woogie.

Americano, Paradise, Negroni, Gin Fizz, Daiquiri, Alexander, Bloody Mary, White Lady, Manatthan, Martini ecc … vorrei poterli sentire ancora, patrimonio dell’umanità che tende all’oblio, cancellato da beverage “all in one” già in bottiglietta.

Tutto standard e tutto uguale, sempre e ovunque.

E tornare a comprendere che il ghiaccio è importante, nella forma, nella dimensione e nella temperatura, è importante il bicchiere è importante ogni ingrediente e, soprattutto, è importante la mano di chi miscela.

Miscelazione non può essere moda, è stato d’animo, esigenza immediata e produzione artigianale.

Non è “Pisco, Moscow Mule, Mojito o Caipirinha” perché quelli so fare o perché quelli sono i nomi che fanno figo.

Ci avventureremo dunque sulle strade battute da grandi uomini e grandi donne, consci delle trappole che potremo incontrare e del fatto che la miscelazione nasce, comunque la si voglia porre, come necessità di vendere degli alcolici che, da soli, sono sostanzialmente imbevibili.

Il cocktail rende buono ciò che, da solo, fa abbastanza schifo. Grande scoperta umana. L’insieme di entità improponibili diventa gradevole. Immaginiamo di essere davvero bravi e possiamo immaginare cosa possiamo ottenere partendo da entità di ottima qualità. Ma dobbiamo essere bravi.

Magari lo diventiamo per davvero e allora, allora potremmo provare a preparare un Sazerac, e a respirare la New Orleans del 1800. L’emozione di procurarsi gli ingredienti e la pazienza di un rito. Intanto occorre trovare dell’Assenzio, poi il Peychaud’s bitter e un buon Cognac.  Poi si procede con calma…

Mettete del ghiaccio tritato in un bicchiere, aspettate che si sia ben raffreddato, scolare l’acqua e poi versate l’assenzio, girate bene il bicchiere per ricoprire le pareti perfettamente. Aggiungere ghiaccio a cubetti. Ovviamente se avete i bicchieri nel freezer la prima parte la risparmiate. In un altro bicchiere mettere una zolletta di zucchero imbevuta con qualche goccia di bitter e pestatela, quando è ridotta in poltiglia aggiungere ghiaccio ed il cognac. Versate il tutto, filtrando, nel bicchiere precedente svuotato del ghiaccio e di eventuale gocciolatura di assenzio.

Le dosi? E che ne so. Ne circolano tante.

Per parte mia dipendono da quello che si desidera, chi vuole sentire meno il bitter lo mischia con l’acqua, chi vuole sentire meno l’assenzio usa il pennello e così via. Ora tocca alla sensibilità di ciascuno altrimenti siamo di nuovo al prodotto industriale … Usate un Cognac giovane, almeno all’inizio. Poi potrete giuocare anche con altro, dall’Armagnac al Rye. L’unica cosa è ricordarsi che l’assenzio è molto forte e quindi siate attenti alle carezze della Fata Verde.

Il colore? Solo una scorza di limone. Qualcuno la spremerà sul drink, altri la masticheranno prima di berlo altri ancora la butteranno. Perché il Cocktail, in fondo, è una dichiarazione di libertà. Gli altri colori? Compariranno mentre si beve.

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