Prosecco: che storia! – parte seconda

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Eccoci nuovamente a scrivere di storia del Prosecco: riprendendo da dove eravamo rimasti al termine della prima parte già pubblicata. Come si diceva, a metà dell’ottocento la Glera era ormai presente e ben diffusa tra le colline trevigiane che vanno da Valdobbiadene a Conegliano e, tramite le intuizioni di alcuni professori della neonata scuola di Enologia di Conegliano e di alcuni produttori di riferimento, su cui spicca il nome di Antonio Carpenè, la strada della spumantizzazione con il metodo Martinotti era stata aperta. Ma sappiamo come ci sia una enclave nella zona del Carso triestino che vanta un paese dal nome Prosecco e un vitigno dal nome Glera ivi coltivato da molti anni.

Stavo raccogliendo informazioni in merito a questa area vitivinicola quando un giorno vado a trovare Sandi Skerk, sul carso triestino, a Prepotto. Cantina splendida così come i vini (ne parleremo in separato articolo!). Sandi mi porta nei vigneti, sui dolci pendii che salgono dal mare e mi indica una collina, quasi più un costone parallelo alla costa, dicendomi: “ Vedi, dall’altra parte c’è il paese di Prosecco. Sul costone si coltivava la Glera da secoli, su dei terrazzamenti detti “Pastini”. Adesso stiamo cercando di recuperarli, per ripartire con il Prosecco che non ha niente a vedere con quello vostro“. A questo punto scatta l’interrogatorio del povero Sandi! Morale della favola è che, complice un bellissimo libro dello storico medievalista Fulvio Colombo “Prosecco perché? Le nobili origini di un vino triestino”, scopro come già nel XVI secolo un vino di qualità detto “Rèbula” veniva prodotto proprio su questa dorsale che va da Duino fino a Trieste. Sembrerebbe però che il nome del vino “Prosecco” sia stato dato verso la fine del 1500 a seguito della associazione vino/territorio da un umanista triestino, tale Pietro Bonomo, che identifica come il vino “del castello di Prosecco” il prodotto di cui sopra. Il vino era dolce, da uve surmature, e subiva un periodo di macerazione sulle bucce oltre all’affinamento in botte. La successiva diffusione del prodotto verso la pianura Veneta è opera dei Veneziani che da buoni commercianti distribuiscono il prodotto come “il vino di Prosecco”.

Sandi mi racconta che nella loro tradizione, e fino ai primi del ‘900, il Prosecco prodotto in Carso è un vino fermo, che subisce la macerazione sulle bucce e viene passato brevemente in botte. Un vino che si può associare alla tipologia delle Vitovske o a certe Malvasie prodotte in quel territorio. C’è un progetto  che mira a riprodurre sui “Pastini” questo vino che di comune con il Prosecco spumante DOCG ha solo il vitigno Glera e il nome.

Una storia che mi ha affascinato, ma adesso come la mettiamo con il Prosecco delle colline trevigiane? Un bell’intrigo eh?? Non è stata fatta ancora chiarezza in maniera definitiva ma sembra ormai assodato che tre il XVI e il XVII secolo la Glera sia passata per il Carso triestino trovando terreno fertile in tutti i sensi e quasi contemporaneamente approdi tramite le grandi direttrici commerciali Veneziane nella zona di Conegliano-Valdobbiadene, dove viene coltivata e soprattutto vinificata in maniera totalmente diversa.

Torniamo infatti a guardare quelle che erano le tradizioni locali del secolo scorso nelle colline dell’alta marca trevigiana, e vediamo come il Prosecco era diffuso e prodotto nella versione ferma, considerata comunque un vino fine e delicato rispetto alle altre produzioni dell’epoca. A volte accadeva che il vino imbottigliato in primavera verso marzo/aprile, rifermentasse in bottiglia a causa della presenza di lieviti residui; non si disponeva infatti delle moderne tecniche di filtrazione e stabilizzazione e quindi un tale evento non era raro accadesse. Spesso non era voluto o cercato dal vignaiolo che come tradizione vendeva il vino sfuso in damigiane per l’imbottigliamento casalingo. Con gli anni il vino rifermentato in bottiglia – detto “vin col fondo” – inizia a piacere sempre più, tanto da diventare produzione importante per le prime cantine a conduzione famigliare dell’epoca. Premessa, questa, doverosa per capire il successo del Prosecco formato bollicine, quando solo le grandi case vinicole potevano permettersi le autoclavi per spumantizzare.

La storia recente è fatta di tecnologia che si diffonde e diventa disponibile a tutti i produttori compresi i medio/piccoli. Ecco che la spumantizzazione sostituisce la rifermentazione in bottiglia e, complice la migliore stabilità del prodotto ottenuto dal  metodo Martinotti, inizia la diffusione del Prosecco oltre il territorio di appartenenza. Il resto è storia di un successo recente, che sembra inarrestabile, e che ha portato nel 2009 alla creazione della DOCG dalla ex DOC Conegliano-Valdobbiadene, e di una vasta area DOC che va dal veneto occidentale fino appunto al Carso Triestino. Ma questa è un’altra storia, appena iniziata, e speriamo sia a lieto fine.

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