L’Albana di Romagna secondo noi

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La rinascita di un vitigno storico raccontate nelle diverse interpretazioni di dieci produttori, in una grande degustazione nella Capitale, condotta da Monica Coluccia.

Preziosa come l’oro del suo abito, vivace e cordiale come la sua gente, robusta quanto dolce e delicata nella sua versione più famosa, quella passita, tanto preziosa da ottenere per prima in Italia il fregio della DOCG tra i vini bianchi: l’Albana non è soltanto l’uva regina tra i bianchi autoctoni di una regione solare come la bella Romagna ma è soprattutto la storia di un territorio che sembra avviato verso una nuova strategia, la rinascita di un autoctono spesso bistrattato ma che ora vuol viaggiare verso una produzione di qualità.

E spesso ci riesce, a giudicare dalla serata magistralmente condotta da una grande comunicatrice del vino come Monica Coluccia.

Dismessi gli abiti rustici del vino del contadino, infatti, l’Albana di Romagna si riappropria della sua identità, di quelle origini tanto lontane da confondere storia e leggenda, raccontando di autenticità e di eleganza, di carattere ben definito nella sua complessità e varietà, a seconda che cresca in pianura o in collina. Ma è soprattutto la mano del produttore e i suoi racconti di vigna a fare la differenza, a far sì che l’anima “secca e potente” nelle diverse interpretazioni stilistiche presentate nel cuore della Capitale diventino l’espressione culturale di un territorio.

Un racconto corale fatto di passione per la terra, di ricerca e sperimentazione ma anche di profondo rispetto per la tradizione; e così tra passato e futuro, l’Albana si racconta con sfumature territoriali vicine ma diverse, morbide, eleganti, a tratti seducenti, svelate in una serata come poche. Ritratti di colline e pianure, nelle terre della passione e dei motori, di campi di grano e fattorie, l’Albana ritorna ad essere il vino dell’accoglienza ma con una veste ed un impegno diverso, caldo ed essenziale.

La storia dell’azienda Marta Valpiani è quella di una giovane realtà fatta di sole donne, madre e figlia che con caparbietà producono il proprio Albana in una zona di grande interesse naturalistico, su terre gessose e poco fertili. Il Forlì Bianco Igt prodotto dalla cantina apre la degustazione con note di frutta candita, albicocca e sfumature di camomilla e ginestra. Un lavoro, quello di Elisa Mazzavillani, che parla di personalità e futuro in vigna, dove l’Albana si fa strada attraverso sapidità e carattere, passione e tenacia.

La parola al vitigno e alla terra è il motto della Fattoria Zerbina, cantina madre di un’eccellenza nobile quale Scaccomatto: il suo Bianco di Ceparano 2016 è la versione secca di un Albana di Romagna che regala intriganti note agrumate di mandarino e arancia, fiori gialli e mela, una scommessa vinta dalla storica azienda romagnola, da cinquant’anni al timone della qualità. Impegno e amore per la tradizione sono il ritratto di un vino non facilissimo da interpretare ma proprio per questo accattivante, di quelli da farti ritornare più volte nel bicchiere e immaginare territori diversi da quelli in degustazione.

L’Albana che non ti aspetti, insomma, quella del Progetto I della Cantina di Leone Conti: seducenti e intense note minerali e iodate, di susina e noce moscata ma anche zenzero, lasciano spazio al vero carattere dell’Albana del territorio, la carta d’identità di un’azienda coraggiosa e che ha fatto del suo stile quasi alsaziano un vero e proprio punto di svolta tra le dolci e sinuose colline faentine.

Grande eleganza e complessità, note salmastre e sapidità spinta, il lavoro dell’azienda agricola Gallegati scorre attraverso l’artigianalità nel Corallo Giallo 2016, Albana in purezza e vinificata in acciaio, frutto dell’eccellenza del podere di Monte di Sotto a Brisighella.

L’interpretazione ottimale di un terroir particolare, una sorta di miniera d’oro nel colore e nel gusto. E poi un’azienda prestigiosa nella realtà vitivinicola di Imola, la cantina Tre Monti che con il suo Vigna Rocca ha intrapreso ormai da anni la strada del biologico in vigna: un Albana dal finale ammandorlato che si accompagna al fruttato giallo di pesca e susina, richiamando i caratteri ben definiti di un vitigno che anche qui esprime una diversa e interessante versatilità.

Altro protagonista di queste terre, l’Albana GioJa 2016 dell’Azienda Giovannini, tra i primi a produrre Albana in purezza: l’uso sapiente di microorganismi naturali in vigna e dei lieviti indigeni delle uve ha portato ad un vino che vuole essere tipico nel suo essere fruttato e minerale, di grande spalla acida e di lunga freschezza al palato, accompagnato da piacevoli ritorni mentolati. Sorprendentemente sapido, delicatamente fumè nel finale.

Una vera chicca. Calore ed essenzialità, questo il Sabbia Gialla della Cantina San Biagio Vecchio, dall’abito sontuosamente dorato, come i terreni sabbiosi tipici della zona, frutto di colline dai vecchi giacimenti fluviali. Un’accurata selezione di vecchi cloni di Albana, vendemmie assemblate a fine fermentazione, ha conquistato con le sue note di frutta matura, pesca e susina gialla, fiori di ginestra e sfumature agrumate.

Lunga chiusura, morbido e suadente, sentori di confettura a polpa gialla e miele d’acacia, per la versione 2015 del Santa Lusa dell’Azienda Ancarani: il racconto di grano intorno alle vigne e maturazioni lente, di notevole equilibrio fra morbidezza ed elegante acidità.

E poi, la preziosità della produzione limitata, biodinamica ed essenziale, nell’etichetta Arcaica della cantina di Paolo Francesconi, presentata nell’annata 2015; si rivela nel suo carattere dato dalla lunga macerazione delle uve, esaltando la visione antica del ritorno alla terra.

L’Albana della tradizione per nulla banale, di notevole spessore, frutta gialla e mineralità importante. Viticoltura biodinamica anche nella produzione dell’ultima etichetta in degustazione, il MonteRè della cantina Vigne dei Boschi. Sapido, dal lungo finale di mandorla e dalle note intriganti di pesca e fiori gialli, scorze d’arancia ed erbe mediterranee. Il bello dell’Albana prodotto in un territorio unico, al confine tra boschi e pendii rocciosi. Dieci etichette per dieci racconti dove il leit motiv è  l’impegno positivo di tutti i suoi produttori, in un territorio che unisce e non divide, uniti nel lavoro che passa dalla terra e dal suo vino bianco per eccellenza, l’anima irriverente dell’Albana di Romagna.

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