Sono pochi i vini che durano nel tempo
Scritto da Nicola Biasi | Pubblicato in enologia
Da anni il mio pallino è quello di trovare una soluzione per migliorare il potenziale evolutivo dei vini italiani. Per anni ho studiato, sperimentato e continuo tutt’ora a farlo. Non so come mai, ma è davvero sempre stata un’autentica fissazione.
Probabilmente perché sono cresciuto in un periodo durante il quale, per migliorare il profilo organolettico dei vini, ci eravamo dimenticati di fare vini longevi.
Si rincorreva la diminuzione delle sensazioni erbacee, l’aumento del grado alcolico e di conseguenza la dolcezza dei vini. Quindi impianti molto fitti per ridurre la produzione per pianta. Uve più mature, concentrate, con meno acidità. Parliamo degli anni tra il ’90 e il 2000.
Si pensava, in parte giustamente, a produrre il vino ideale per il consumatore di quel periodo. Poi le cose sono cambiate, il clima è cambiato, i cloni sono cambiati, i gusti sono cambiati. E non tutti i tecnici e produttori sono cambiati tenendo il passo al cambiamento. Non sempre abbiamo “allineato” le nostre tecniche viticole, enologiche e il nostro saper fare. Probabilmente ci eravamo adagiati su un periodo molto bello del vino italiano e… e oggi qualcuno di noi deve rincorrere.
Non fraintendetemi. Siamo uno dei migliori paesi produttori di vino al mondo perché abbiamo un territorio, anzi un numero enorme di territori unici e ideali per la viticoltura e che potenzialmente garantiscono, per la loro natura poliedrica, l’espressione massima delle competenze dei nostri produttori e dei nostri tecnici.
Ci sono produttori che fanno grandi vini, di estrema qualità e longevità. Ma sono pochi, troppo pochi quelli che durano veramente nel tempo. Potremmo essere indiscutibilmente i migliori invece di giocarci ogni anno il gradino più alto del podio come più grande produttore contro i cugini francesi, anche se poi in termini di valore vincono sempre loro.
Ma perché vincono loro?
La risposta che spesso ci diamo (vera ma è allo stesso tempo una scusa che noi ci diamo secondo me), a mio avviso non del tutto valida, è che sono partiti centinaia di anni prima di noi e che si sanno vendere bene. Ricordiamoci una cosa: saper raccontare bene una storia, un territorio, una tradizione e un vino, è bravura. Non stanno rubando o imbrogliando nessuno. Sono bravi. Il vantaggio temporale è vero. Indiscutibile.
Ma quindi cosa facciamo? Passiamo la vita a dire che siamo secondi perché loro sono partiti primi?
No. Io credo che il motivo principale del distacco in termini di valore sia dato dalla percezione che il consumatore ha dei vini. Il valore del vino è più grande se un vino dura negli anni. Non è una legge scritta, ma ritengo che sia così. Fatemi un esempio di un vino con un alto valore in termini di prezzo di cui non ci sono vecchie annate ancora molto buone. Non esiste. Sono i vini da collezione, le vecchie annate introvabili, quel millesimo fantastico che ci regala un grande vino dopo decenni… questi sono i vini che fanno la differenza. E su questo la Francia, principalmente per motivi climatici, ci batte. Bordeaux, Borgogna, Champagne ma anche i rosati di Bandol “durano” tanto. E oggi in questa situazione drammatica, difficilmente gestibile, ci sarebbe davvero utile avere dei vini con un potenziale evolutivo migliore di quelli che abbiamo.
Ci sono dei macro parametri che influenzano questo potenziale che possiamo difficilmente modificare e sono quelli che dipendono dal clima, anche se possiamo influenzare il microclima intorno al grappolo. Quello sì perché una gestione diversa, moderna della chioma, in inglese canopy, può aiutarci molto.
Ma anche in cantina possiamo fare molto.
Con tecniche basate sulla fisica e non sulla chimica, gestendo le diverse fasi microbiologiche, gestendo le temperature e i gas disciolti all’interno del nostro vino. Variando il potenziale redox. Scordiamoci il pensiero comune e diffuso che le malolattiche appesantiscano i bianchi e gli facciano perdere freschezza. Fondamentale è farle il momento giusto che, non sempre, è nell’immediato post fermentazione alcolica.
La gestione dell’autolisi dei lieviti, la torbidità dei vini che deve essere costante durante l’affinamento dei vini e che va studiata in base alla durata di quest’ultimo. Oggi, con protocolli precisi e mirati, pensati ad hoc per ogni determinato vino è possibile arrivare ad un potenziale di evoluzione considerevolmente migliore.
Forse un giorno si arriverà ad un algoritmo che, combinando tutti i diversi parametri ci dirà cosa fare in vigneto e cantina, ma per ora dobbiamo affidarci all’esperienza e alla ricerca. E credo che, cercando di guardare il lato positivo in questo momento drammatico (se mai può essercene uno), sia giunto il momento di fare il salto che da anni avremmo dovuto fare e posizionare i nostri vini dove meritano. Sul gradino più alto del podio.