Viticoltura eroica: scambi e prospettive in Val di Non, Trentino

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Mai come in questa annata si è reso oltremodo interessante il proficuo scambio dal titolo “Viticoltura Eroica in Val di Non“, occasione di raccolta di interventi e testimonianze illustri presso Casa Campia di questa estate. Dall’intervista di Sangiorgi a Giovanna Morganti – importanti riferimenti nel mondo del vino naturale -, al convegno di Attilio Scienza seguito dall’esperienza di Nicola Biasi.

Parto dalla citazione con cui Scienza ha terminato: “la sfida non sarà quella di fare il vino migliore, ma di farlo nel modo migliore“. Ormai, non è solo una questione etica ma un’esigenza concreta e, secondo Scienza, la Val di Non potrebbe diventare territorio di riferimento per lo sviluppo dei vitigni resistenti tra l’altro slegandosi dall’immagine, cui associamo il Trentino tutto, di uno modello produttivo concentrato specialmente sulle mele.

I vitigni resistenti (ibridi resistenti alle malattie fungine che consentono una significativa riduzione dei trattamenti) rispondono esattamente al problema che quest’anno ha devastato la produzione viticola nazionale, rendendosi utili su diversi fronti: non solo, quindi, contro la tropicalizzazione del clima ma anche per le produzioni basate sul rapporto qualità-prezzo, richiedendo meno interventi; per territori con particolari problemi legati ad agenti patogeni o in zone in cui non sono ammessi i trattamenti per la vicinanza a strutture speciali e così via.
Ma serve fare rete per uno studio approfondito: cloni, portainnesti, vitigni specifici.

Ancora più concreto è l’approccio di Biasi, riferimento imprescindibile sul tema con esperienza ramificata su diverse aree produttive a partire proprio dal suo stesso e pluripremiato “Vin del Neu” che produce qui, a Coredo (TN). Dichiara immediatamente che la sostenibilità ambientale viene dopo quella economica perché il produttore non la preferirà se non rientra con gli investimenti; a maggior ragione serve qualità per veicolarli sui mercati, quindi attenzioni come tutti gli altri vitigni, non può ruotare tutto e solo intorno alla questione ‘trattamento sì-trattamento no’.
Scetticismi residuali di sorta sono spesso riconducibili alla scarsa qualità di vini da vitigni resistenti prodotti in passato in zone non vocate solo perché altre varietà non avrebbero resistito. Non solo, è il termine “ibrido” che ancora spaventa in Italia ma attenzione: non si tratta di OGM perché creati per mezzo di impollinazione.
Tutti limiti da superare in nome della sostenibilità che per Biasi è ormai un obbligo morale al fine di limitare il consumo d’acqua e le emissioni di CO2.

In Italia sono stati autorizzati tra 2013 e 2015 e utilizzati in alcune IGP ma, nonostante l’apertura dell’EU all’inserimento nelle DOC del 2021, continuano i dibattiti contrastanti.

L’occasione è stata ghiotta anche per provare dei campioni della Val di Non: non solo l’elegantissimo Vin de la Neu di Biasi (da Johanniter) ma anche referenze meno note, prodotte in quantità ancora più limitate, come il Venticinquedieci (Solaris) dal frutto accattivante e un buon potenziale come quello di Marco Sandri altrettanto teso.

Non posso non citare anche dei produttori del territorio “eroici” per la tenacia nella promozione del Groppello di Revò (seppur non resistente) di cui ho avuto modo di apprezzare la più recente versione spumante Metodo Classico (40 mesi sui lieviti).

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