In ricordo di Stanko Radikon

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Ho incontrato per la prima volta Stanko Radikon molti anni fa, quando sono stata accompagnata dai miei amici a Oslavia (Gorizia) Località Tre Buchi.

 
Ero appena entrata nel mondo del vino, quello istituzionale  e figuriamoci quanto mi fossero estranei i vini che, mi fu spiegato, erano vinificati in maniera diversa, seguendo la natura…

Era il periodo in cui Stanko  Radikon aveva deciso di utilizzare bottiglie da un litro, con il collo più stretto,  per le quali bisognava trovare un tappo adeguato. Poi utilizzerà anche le bottiglie da mezzo litro…Ricordo la cantina come se fosse un tempio, con vini dormienti, assaggi dalle botti, vini che dovevano avere il tempo di evolvere “naturalmente”, perchè nulla di chimico interviene. Erbicidi, insetticidi, fitosanitari  sistemici, sono banditi dalle vigne. Le vigne  di Stanko Radikon si trovano in un territorio devastato dalla Grande Guerra.

I vigneti di Ribolla, uva autoctona, sono un simbolo per quel territorio. Il padre di Stanko, Edoardo, sposando la figlia di Franz Mikulus si occupa dei vigneti aggiungendo altri vitigni quali il Tocai, oggi Friulano, il Pinot grigio e il Merlot. Negli anni ’80 Stanko Radikon, subentra a suo padre e dopo aver seguito la tendenza del momento che chiedeva vini freschi, decide di dare una svolta tornando al legno.

La cura dei vigneti su terra costituita principalmente da Ponka è fondamentale, si decide di lasciare solo pochi grappoli per pianta, con trattamenti ridotti al minimo… È una decisione illuminata. Il processo di vinificazione che in pratica è simile a quello dei vini rossi, dà  vita a vini che non hanno bisogno di antiossidanti, i solfiti presenti sono autoprodotti dalle uve durante la fermentazione alcolica…

Che si tratti di Rebula (Ribolla) o di Jakot (una provocazione alla decisione politica di cambiare nome al Tocai), insieme all’uvaggio Oslavje (Pinot grigio e Sauvignon), i vini di Stanko Radikon, e ormai da qualche anno anche di suo figlio  Sasa, sono un esempio di attaccamento alla natura, sono un inno alla vita vissuta tra vigneti e boschi,una vita beffarda che ha portato via troppo presto chi ha lottato fortemente per renderla più sana e salutare.

L’unica ma fondamentale  consolazione è data  dalla forza di volontà, dalla determinazione, dalle sfide continue di Stanko Radikon che serviranno ancora quale esempio e  guida per  chi lavora con serietà e rispetto per la natura e per l’intera umanità, anche se non beve vino…

Noi tutti di Vinoway ci stringiamo affettuosamente alla famiglia per la perdita di un grande Uomo che ha dato lustri all’enologia italiana.

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