Stoccaggio delle scorie radioattive: il produttore Beniamino D’Agostino scrive al nostro Presidente
Scritto da Redazione di vinoway | Pubblicato in fatti
Il produttore pugliese Beniamino D’Agostino di Cantine Botromagno ha inviato una lettera aperta al nostro Presidente Davide Gangi sulla situazione dei siti di stoccaggio delle scorie radioattive.
“Carissimo Davide,
non sono aduso scrivere lettere e tantomeno lettere aperte, mi conosci da anni e sai che preferisco la viva voce e anche che amo dire quello che ritengo giusto in maniera cruda, mai offensiva ma diretta e con grande spregio del “politically correct”.
Ho riflettuto qualche giorno ed alla fine ho deciso, questa porcata dei siti di stoccaggio delle scorie radioattive proprio non riesco a mandarla giù!
Breve premessa, ci dicono che lo studio SOGIN è fatto bene, da esperti, che il deposito unico è cosa buona e giusta perché i rifiuti adesso sparsi per l’Italia non sono in sicurezza e che comunque tutto ciò è inevitabile perché dobbiamo rispettare le Norme Europee e siamo pure in ritardo e paghiamo enormi somme a causa di procedure di infrazione.
Io non discuto quanto sopra, non sono né geologo, né scienziato nucleare, né ingegnere, sono un umile ex avvocato che trent’anni fa è diventato agricoltore e vitivinicoltore.
Mi faccio però solo una serie di domande a cui vorrei che mi venisse data risposta:
1- L’area individuata a Gravina in Puglia (BA), e ritenuta idonea per lo stoccaggio si trova:
a- In area a medio rischio sismico, siamo esattamente sulla faglia di collegamento posta tra Puglia e Basilicata e ricordiamo ancora i danni provocati dal terremoto in Irpinia nonostante l’epicentro fosse a 150 km da qui;
b- In area protetta come SIC (sito di importanza comunitaria) e ZPS (zona di protezione speciale) precisamente il Bosco Difesa grande, il più importante polmone verde della Puglia centrale con i suoi 4.000 ettari di bosco ceduo;
c- In area sottoposta a vincolo idrogeologico, è zona carsica quindi qualsiasi dispersione di materiale in superficie raggiungerebbe la falda acquifera sottostante;
d- Esattamente sul confine del Parco Nazionale dell’Alta Murgia di cui Gravina è sede;
e- Adiacente al Parco delle Gravine.
A tutto questo, egoisticamente aggiungo che, nella medesima zona, si trovano i vigneti dell’Azienda Vinicola Colli della Murgia del mio collega Ventricelli ed il vigneto a me più caro da cui si produce il vino DOP GRAVINA POGGIO AL BOSCO da agricoltura biologica.
Tutto ciò premesso ed in considerazione dei precedenti tributi che Puglia e la Basilicata hanno già dovuto pagare, mi riferisco ai disastri ambientali dell’Ilva di Taranto e di Temparossa in Basilicata dove avevano garantito alla popolazione lavoro e sicurezza ambientale e non mi pare che tali promesse siano state mantenute,
VI CHIEDO E MI CHIEDO
E’ mai possibile che si debbano realizzare tali depositi in aree dove qualsiasi comune mortale, come me, non può costruire una cantina ecocompatibile perché CI SONO I VINCOLI? (questa la risposta ottenuta dal mio comune)
Ci si può fidare di una autorità governativa che non è mai stata capace di garantire il diritto alla salute rispetto agli interessi economici?
Se non ci sono rischi per quale motivo sono previsti ristori economici per le aree che decideranno di ospitare le scorie?
Le mie sono domande serie e davvero non retoriche.
Ovviamente in tutto questo non ho minimamente considerato l’aspetto relativo all’immagine, cosa accade ad un territorio che ha una millenaria tradizione legata all’agricoltura, al turismo, all’ospitalità quando viene individuata come zona di stoccaggio di rifiuti radioattivi?
Che credibilità e spendibilità rimane ad un territorio che vende e che si vende perché ha una immagine incontaminata?
Mi piacerebbe che qualcuno mi dia delle risposte e, sia chiaro, la mia non è la sindrome NiMBY (not in my back yard) sono le domande che un operatore che racconta il proprio territorio pone in piena onestà intellettuale.
Beniamino D’Agostino
Cantine Botromagno e Presidente Consorzio di Tutela Gravina DOC”.