Il non modernista dovrebbe essere l’ “antichista o il naturalista”?
Scritto da Pino De Luca | Pubblicato in fatti, vino
A mente fresca … Quando un evento ti coinvolge con una potenza emozionale eccessiva bisogna prenderne le giuste distanze temporali per coglierne un qualche elemento significativo ed innovativo.
Della Vinoway Wine Selection e delle sue implicazioni sul benessere globale diranno in molti, diranno in molti anche di Castello Monaci, del personale di servizio e della Servizi Sicurezza Italia. Di Michele Di Carlo e dell’after dinner e dei gestori del palco, della Chiara e di Marco, belli il giusto e bravi assai di più, diranno in molti.
A me hanno colpito alcune cose, passate forse in sordina. Il buon Davide Gangi, al quale va assegnata la più larga responsabilità (e riconoscenza) per l’evento ipernarrato, ha fatto outing. In pubblico, davanti a tanta gente del mondo enologico ha confessato, rivendicandolo, di essere un “modernista”. Attributo che gli fu affibbiato (ero anche presente) quasi fosse un insulto.
E allora ho provato a capire cosa fosse un “modernista” nel campo enologico. Ci ho provato dapprima per antitesi: il non “modernista” dovrebbe essere l’antichista o, come si suol dire di questi tempi, il naturalista?
Non funziona come spiegazione né posso tediare con le mie elucubrazioni di lunga pezza, mi limito a dire la mia conclusione: modernista dovrebbe essere qualcuno che si ricorda che nel ciclo della vite (come nella vita) lo zucchero degli acini diventa alcool e, lasciato da solo, degrada in aceto per poi riprendere il ciclo naturale … Secoli di lavoro hanno dimostrato che il vino è prodotto da umano sapere e natura generosa, se si sottrae uno di essi si compie sacrilegio (e anche reato).
Modernista è colui che nel rispetto della generosità della natura accresce il contributo dell’umano sapere per ottenere dei prodotti che sappiano essere sempre più gradevoli e sempre più salubri. So bene che ci sono degli strani esseri che vogliono targare il vino come “sostanza pericolosa” in quanto contenente alcool. Si tratta di persone molto tristi e, mi sia concesso, anche molto ignoranti. “Sola dosis venenum facit” è di Paracelso (XVI-esimo secolo), dovrebbe essere acquisito agli atti di ogni persona che si occupi di scienza, ed in particolare di alimentazione. E dunque, delle due l’una, o s’ignora Paracelso (certo era Svizzero e non nell’UE) oppure si va verso qualche altro Parac … ma questa è un’altra storia.
Aggiungo, solo per analogia, che mezza tazzina di semi di mela sbucciati stende per sempre un omone di 90 chili. E senza remissione dei peccati. Che vogliamo fare? Selezioniamo le mele apirene e vietiamo le golden perché possono essere mortali?
E allora bisogna dare un esempio di modernismo tra i vini. Solo due, uno in concorso, un vino che mi è molto caro per averlo visto financo concepire. Tacco Rosa di Tenute Stefàno, rosato del Salento, di negroamaro, scaricato nel colore (secondo me un po’ troppo) ma non nel naso e nel palato, capace di essere attrattivo grazie anche all’etichetta.
Una delle migliori etichette selezionate dal Prof. Vincenzo Russo che va oltre il modernismo, osa addirittura un approccio scientifico!
E poi due vini fuori concorso, un bianco del Collio ed uno rosso del Monferrato che portano la firma di Paul Balke. Degustati in sua compagnia con due amici di calice di provata esperienza e lunga militanza.
Il bianco è come la Barbie. Bellissima alla vista, profumata da urlo, irresistibilmente seducente ma, alla prova, si rivela per come è. Forme perfette ma levato l’abito delusione completa.
Il rosso invece è di una elegantissima signora, luminosa senza eccessi, con un profumo stupendo ma non pervasivo e poi funziona, funziona maledettamente bene che una bottiglia in due, tu e lei, (la bottiglia) e si vola come un albatros sull’oceano.
Ecco, son due vini moderni, modernissimi, che, come tutte le cose, possono piacere e non piacere. Perché gli “ismi”, in generale, sono delle stupidaggini; nel mondo del vino diventano delle gigantesche minchiate.
Ecco cosa può essere Vinoway, anche un’occasione per ragionare sulle parole, perché le parole sono importanti e lo diventano ancora di più quando si possono scambiare con Paul Balke, Valentino Caputo e Michele di Carlo, in un pomeriggio di metà ottobre a Castello Monaci.
P.S.
Le mie analogie con la Barbie e la signora di classe non vengano intese come scelta sessista, vi prego. Potrebbero usarsi con Ken e il mitico Sean Connery. Io sono banalmente eterosessuale e, dunque, chiedo di esser tollerato.
Clicca qui per l’intervista a Paul Balke