Stefano Bellotti: dovremmo formare i nuovi contadini
Scritto da Carla Iorio | Pubblicato in Interviste
In occasione del “Molise AIS Day”, abbiamo incontrato Stefano Bellotti, vignaiolo piemontese, sostenitore ed ambasciatore dei vini biodinamici.
Bellotti, è titolare dell’Azienda Cascina degli Ulivi a Novi Ligure in provincia di Alessandria.
Stefano, come ci chiede di chiamarlo durante la nostra breve chiacchierata, ci confida che appena maggiorenne decide di riprendere in mano l’azienda famigliare, dove però la vigna era ben poca cosa (un ettaro appena) e si dedica con passione all’agricoltura naturale.
Oggi, quell’ettaro è decuplicato ed è arrivato a più di venti.
Parlando con Stefano è palpabile il suo amore per il territorio fatto di rispetto per la natura, che poi è rispetto per l’uomo. “Abbiamo distrutto l’ecosistema in nome del progresso – ci dice – ma questo non è progresso, è distruzione,è annientamento del ecosistema.”
Quindi, quale futuro per l’umanità?
Mah! Se non vogliamo essere fatalisti e quindi credere all’imminenza della fine del mondo, dobbiamo senza dubbio pensare ad un’evoluzione del sistema attuale e questa evoluzione passa per l’agricoltura, per un’agricoltura più etica, umana. Tieni presente che il ruolo dell’Italia in questo processo evolutivo è fondamentale per via dell’enorme vocazione agricola della nostra nazione, vocazione che qui da voi al Sud è ancora maggiore rispetto alla nostra.
In questa prospettiva di riconvenzionamento qual è il ruolo del settore vitivinicolo?
Il vino è un importante mezzo di comunicazione, forse attualmente il più efficace. Del resto, la vite è una liana, che si espande ovunque, che crea legami nel sottosuolo con le radici, in altro con la chioma tra una pianta e l’altra. E’naturale bere, acquistare, in Francia un vino piemontese, come in Sicilia un vino portoghese. In questi ultimi cinquant’anni ci hanno fatto credere che il progresso fosse l’industria, un’industria che doveva distruggere il mondo contadino, tant’è che nel nord e nord est d’Italia abbiamo perso due generazioni di agricoltori, gli ultimi realmente tali li ho incontrati sul finire degli anni ’70, dunque quelli nati ai primi del secolo scorso. L’inutilità e falsità di questa affermazione l’abbiamo davanti ai nostri occhi. Oggi, il nord est è distrutto la crisi ha spazzato via l’industria, che è emigrata nell’est dove i costi di manodopera sono più bassi e da noi è rimasto il deserto, opifici industriali abbandonati, che hanno preso il posto delle campagne. I giovani, oggi, purtroppo hanno perso la prospettiva che si possa vivere bene con il lavoro della terra, che questo sia gratificante anche dal punto di vista economico. Non è così. Chi si avvicina all’agricoltura può vedere come si possa gioire, godere di questo lavoro del rapporto con le piante. E la vita è gioia e chi gode di questa gioia è al suo posto, non ha bisogno di assumere antidepressivi. E’ pur vero che scomparirebbero gli psicologi. Ma possiamo ovviare a questa scomparsa. Gli potremmo conferire un vitalizio in prodotti agricoli, ovviamente.
Dovremmo quindi formare i nuovi contadini?
Dovremmo quindi formare i nuovi contadini?
Si, certamente. Perché 70/90 anni fa il sapere contadino era dato dall’esperienza, era un sapere istintuale. Oggi, che questo rapporto si è interrotto, il sapere del contadino moderno deve passare per la coscienza e la conoscenza appresa, da qui l’avvio di centri di formazione dove trasmettere questi saperi.
Cosa senti, da produttore, quando bevi un calice di vino?
Nonostante sia figlio degli anni sessanta, non mi sono mai drogato, sono stato sempre un po’ visionario, dunque l’esperienza dello spinello me la sono evitata. Un vino, deve fondamentalmente raccontare una storia, dare un’emozione di luoghi e di tempi, un’energia vitale. Mi deve fare stare bene in compagnia. Il vino è un comunicatore, deve raccontare la sua storia e farti raccontare bene la tua. Ci emoziona e ci coinvolge.
Ci fermeremmo ancora a chiacchierare con Stefano Bellotti, ma fuori premono, lo vogliono in sala, il convegno deve iniziare, per il momento lo salutiamo e con noi i lettori di Vinoway, ma gli strappiamo la promessa di una chiacchierata più lunga a breve.
Arrivederci Stefano a presto!