Vita da Sommelier: Nicola Loiodice
Scritto da Davide Gangi | Pubblicato in Interviste
Nicola Loiodice, classe 1993, è nato a Corato, in provincia di Bari.
Guidato da una forte passione, si diploma all’Istituto alberghiero nel 2012, e, nello stesso anno, approda al ristorante stellato “Rossellinis” con lo Chef Lavarra. Dopo due anni nella splendida cornice della costiera Amalfitana, continua la sua esperienza all’estero per crescere e conoscere nuove culture: Londra, Francia, Africa.
Poi il ritorno in Italia per un’esperienza che cambia la sua vita professionale: è tempo di Ischia, un’isola con una grande tradizione, e del lavoro presso “Il Mosaico”, il due stelle Michelin dello Chef Nino Di Costanzo, il quale porta Nicola a scoprire l’amore e la dedizione per questo lavoro.
Successivamente Nicola torna al Nord Italia, per altre importanti sfide che gli danno l’opportunità di immergersi nel grande mondo delle Langhe, conoscendo produttori di vini straordinari e lavorando con Chef come Diego Rigotti ed Alessandro Boglione.
Il 2018 segna il ritorno nella sua amata Puglia, dove approda a Borgo Egnazia assumendo il ruolo di Maître di sala al ristorante Due Camini, che subito dopo riceve l’ambita stella Michelin con lo Chef Domingo Schingaro, sotto la direzione di Andrea Ribaldone.
Un percorso lavorativo iniziato quando avevi poco più di 13 anni, ci sono esperienze che avresti preferito evitare?
Rifarei tutto, perché tutte le esperienze hanno contribuito alla mia crescita e alla mia formazione. Posso dire di non avere rimpianti.
Papà pugliese e mamma francese, quanto ti è stato utile il loro supporto?
Il supporto di mia mamma Nunzia, mio papà Michele e mio fratello Antonio è stato ed è tuttora fondamentale. La mia famiglia mi ha insegnato il rispetto reciproco, l’educazione e il senso del lavoro. I miei genitori mi hanno sempre dato “carta bianca” in merito alle mie decisioni e alle mie scelte, standomi vicino ma senza mai condizionarmi. Come tutti, avrebbero preferito sicuramente avermi sempre accanto a loro, cosa parecchio difficile se si vuole imparare bene questo mestiere. “Tu sai cosa è giusto per te”, mi dicono sempre. Non smetterò mai di ringraziarli.
Il maître di sala continua ad avere una considerazione sempre maggiore da parte dei critici enogastronomici, secondo te cosa si può fare ancora?
Io credo si possa fare ancora tanto. Il mondo della gastronomia si sta muovendo verso un concetto di “sala” e personale di sala sempre più ampio, e penso che questo sia giusto: è importante valorizzare il lavoro della brigata e del responsabile di sala, per tanti anni sottovalutato, e considerare il ristorante come una fusione di tanti elementi. Il Team in sala gioca un ruolo fondamentale: deve saper raccontare le idee di chi è in cucina e contribuire così al successo della serata. Cucina e sala lavorano insieme per raggiungere un unico obiettivo comune: il benessere e la soddisfazione dell’ospite.
Quali sono i vini che non dovrebbero mancare nella tua carta vini?
A mio parere sono quelli pugliesi, protagonisti della carta dei vini di Borgo Egnazia. In generale preferisco i vini che hanno qualcosa da raccontare. Dietro le migliori etichette si celano, infatti, le storie dei viticoltori che hanno fatto della propria passione il proprio lavoro. Il nostro Wine Experience Manager Giuseppe Cupertino in questa arte è il migliore: ha selezionato personalmente alcune etichette, dedicando particolare attenzione ai piccoli vignaioli, ai vitigni autoctoni e alle annate più caratterizzanti per poter condurre gli ospiti in un viaggio emozionale senza eguali. Non parlerei quindi di nomi, ma di storie.
Cosa rappresenta per te, che sei un esteta, il concetto del bello?
Ti ringrazio innanzitutto per questo complimento. Principalmente mi concentro sull’eleganza: mi piace tutto ciò che è raffinato e piacevole ai sensi. Ma la bellezza è un concetto talmente ampio da essere sfuggente ed estremamente soggettivo. Come si suol dire “non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”.
Qual è l’errore che non dovrebbe mai commettere un bravo maître?
In primis, quello di sentirsi protagonista assoluto. Un lavoro ben riuscito è frutto del gioco di squadra, sempre. Mi ritengo un maître fortunatissimo: al Due Camini il concetto di squadra scorre nelle vene di ogni singolo collega. Questo è il segreto del mio successo, di quello di Domingo, Tiziano, Angelo e tutti i ragazzi dello staff. Inoltre, un bravo maître deve sempre immaginarsi dall’altra parte, seduto ad un tavolo in sala: deve, quindi, imparare a ragionare da cliente e mettersi nei panni di chi si aspetta di vivere un’esperienza indimenticabile.
Secondo la Guida 2020 di Identità Golose sei il maître numero uno della Puglia: senti di avere, per questo, una responsabilità maggiore?
Non ti nego che la prima cosa che ho pensato, ricevuta la notizia, è stata “perché a me?”. Sono tanto giovane e ho ancora tanto da imparare. Ma ne sono molto orgoglioso e oggi sento di avere una responsabilità maggiore non solo nei confronti dello Chef Domingo Schingaro, di tutta la brigata del Due Camini e di Borgo Egnazia in generale, ma anche nei confronti di tutti quei ragazzi che frequentano gli Istituti Alberghieri o che stanno per intraprendere questa carriera. Mi auguro che questo premio così prestigioso possa motivare i giovani che vogliono dedicarsi a questo lavoro, il più bello del mondo!
Lavori nel ristorante stellato “Due Camini” di Borgo Egnazia considerato tra i migliori Resort del mondo, a cosa ambisci?
Oggi mi sento un po’ come un Boeing che sta decollando e sono su una rampa di lancio incredibile come Borgo Egnazia. Per questo, devo ringraziare Aldo Melpignano che mi ha scelto e mi permette di lavorare in una realtà gastronomica così importante come il Due Camini, credendo in me e nelle mie potenzialità. Ritengo che stimare e avere la fiducia dei propri dipendenti sia fondamentale per la buona riuscita di un progetto. Non ti nego che mi piace sognare in grande: vorrei crescere sempre più e magari portare altri risultati di successo a Borgo Egnazia e chissà, in futuro, aprire un ristorante tutto mio.
Cosa consiglieresti ad un ragazzo che sta intraprendendo gli studi presso un Istituto alberghiero?
Mi capita spesso di interfacciarmi con ragazzi che hanno intrapreso la scuola alberghiera e la domanda che mi piace far loro è: “quanti di voi desiderano davvero lavorare in questo campo?”. Ricevo spesso solo timidi sorrisi o risposte vaghe e quindi capisco che non credono abbastanza in quello che fanno. Prima l’alberghiero era un modo per entrare presto nel mondo del lavoro ed essere indipendenti economicamente, oggi ho l’impressione che i giovanissimi siano molto scoraggiati già in partenza. Il mio consiglio è credere e amare fortemente ciò che si fa, essere decisi sulla strada da intraprendere e non pretendere subito condizioni economiche agiate, ma essere sempre desiderosi di imparare, curiosi e intraprendenti.
Ti conobbi nel 2013 e notai fin d’allora le tue capacità, ricordi cosa ti dissi?
Certo! Allora era ancora un giovanissimo studente della scuola alberghiera. Mi hai detto, ricordo, che “avevo stoffa da vendere e avrei potuto fare grandi cose”. Mi riguardo oggi, a distanza di quasi otto anni, e capisco che di strada ne ho fatta tanta. Ma è ancora l’inizio!
Cosa vuoi che ti auguri?
Solo il meglio!
Credits: Borgo Egnazia