Il vino democristiano: tra il mercato naturale e convenzionale

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Generalmente quando si dà del democristiano a qualcuno lo si fa per ferirlo. L’atteggiamento democristiano è quello tipico “dell’intrallazzone”, di quello che aggiusta tutto camminando in bilico sul filo della legalità; a volte cade anche da quel filo ma è abile a non farsi sgamare. Spesso è quello che predica bene e razzola male, chiedendo conto della propria coscienza non di fronte allo specchio, ma davanti agli altri che ne percepiscono solo l’edulcorata immagine proiettata.

 
A mio avviso però il termine democristiano ha anche un’accezione positiva, specialmente nell’ambito della fase storica che stiamo vivendo. C’è una forte polarizzazione di opinioni, di punti di vista e spesso anche di toni. Abbiamo fortemente bisogno di un baluardo, qualcosa in grado di tenere botta, di reggere un fragile equilibrio con eleganza e sobrietà. Necessitiamo di qualcuno che si metta in mezzo a smorzare i toni e a smussare le idee.

E se, nella sciagurata ipotesi non riesca nell’intento, lui non si arrende e passa al piano B: “ce la dà calda”. Ci tranquillizza, prescindendo da qualsiasi conseguenza, seppur ormai certa. Ché se proprio ci dobbiamo schiantare almeno non ne siamo consapevoli e viviamo tranquilli.
 
Il mondo del vino è pieno di dogmi: ci sono vere e proprie fazioni pronte a scagliarsi l’una contro l’altra per difendere la propria posizione. “I vini naturali puzzano”, “i vini naturali non esistono”, “la natura fa l’aceto”, “i vini industriali fanno venire il mal di testa”, “i vini convenzionali sono tutti uguali”, “i biologici e i biodinamici sono più genuini”. Questi sono solo alcune delle convinzioni difficili da scalfire.

È difficile avere una posizione senza sentirsi schierato, senza essere pronto ad indossare l’elmetto per parare i colpi. Io una posizione ce l’ho, ma non amo le guerre. E allora come faccio? Provo a fare il democristiano.
 
Io sto dalla parte della scienza e delle evidenze che gli uomini di scienza producono lavorando e sperimentando in tutti i settori della filiera vitivinicola: dall’approccio viticolo alle pratiche di cantina.

Il termine naturale associato al vino non mi piace, non lo nascondo, perché attribuendogli questo aggettivo lo si erge ad una posizione quasi elitaria che probabilmente non gli spetta. Non mi piace perché si passa il messaggio che la natura sia necessariamente buona e che l’uomo non ne faccia parte.

La natura, in verità, se ne frega. La natura è un campo di battaglia dove ogni specie lotta per la sopravvivenza, e lo fa mantenendo degli equilibri che ogni tanto vengono alterati.
Così l’uomo raccoglie quei frutti che hanno la sola funzione di difendere il seme necessario alla conservazione della specie, e li trasforma in vino.

L’uomo aggredisce in partenza la natura della vite, sradicando alla base quel principio di naturalità che l’uomo stesso intenderebbe poi attribuirgli in base a come decide di coltivarla.
Ciò detto, non ne faccio una malattia, chiamatelo come volete. L’importante è che lo facciate bene… il vino.

Perché se è vero che alcuni vini naturali puzzano, è altresì vero che non tutti i vini naturali puzzano. Così come non è vero che i vini convenzionali sono tutti uguali e fanno male perché chissà che ci mettono.

 
“I vini devono essere venduti, è il mercato che comanda”. Sono parzialmente d’accordo, ma anche qui: il mercato ha una tendenza generale che può essere dettata dalle mode del momento, è vero, ma è anche ricco di sfaccettature. Le mode passano, ma spetta a noi, interpreti del territorio, decidere se assecondarle pedissequamente o in maniera un po’ più blanda, senza snaturare il prodotto, in modo un po’ più democristiano insomma.

Si può addirittura arrivare a produrre vino fregandosene delle mode, consapevoli che in quel bordello chiamato mercato c’è chi apprezza i produttori che fanno il vino come gli pare. E ce ne sono eh, più ne sanno di vino e meno vogliono seguire le tendenze, a tal punto che non seguire una moda sta diventando quasi di moda.

Insomma, è inutile litigare su tutto: dalle definizioni alle componenti organolettiche. Diamoci una calmata.
 
C’è posto per tutti, a patto che siate tutti un po’ più democristiani. Altrimenti sarò pronto a “darla calda” e  nella peggiore delle ipotesi  ad indossare l’elmetto.

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