Mineralità Vo’ cercando, esiste?

Scritto da | Pubblicato in nozioni Mineralità Vo’ cercando, esiste?

Mineralità: realtà sensoriale, astuzia di marketing o comodo neologismo? Comincia così il suo articolo su RVF Florence Bal. E questa affermazione conferma la mia perplessità su questo termine tanto amato dai sommelier. 

 
Il trattato di enologia in due volumi di “Ribéreau-Gayon” diventato la Bibbia degli enologi di tutto il mondo in 3000 pagine dedica solo 3 pagine ai minerali e alla mineralità. Mentre questo opaco descrittore compare in oltre il 10% delle 258.000 note di degustazione della rivista “Wine Spectator”.  

L’odore, che alcuni attribuiscono alla mineralità, era ed è inserito tra quelli empireumatici delle maggiori ruote dei profumi del vino, visto che è il calore che lo sviluppa ma non è bastato. I comunicatori del vino insoddisfatti della spiegazione degli scienziati Guimard e Noble hanno voluto trovare un’altra famiglia a cui però a tutt’oggi non hanno saputo dare un vero significato.

M.Moisseeff afferma che i produttori di vini SAINS o VAN la ricercano convinti che l’uva e il territorio per magia producano questa caratteristica e nota anche che il suo impiego, nella descrizione dei vini, diventa più frequente quando il riferimento agli altri profumi-aromi non sono possibili. Lui per esempio l’attribuisce ai vini semplici rispetto a quelli “trop maquillès” dei nostri giorni. Insomma un ritorno all’autenticità e alla semplicità.

Il termine è talmente abusato che, come nota Cristian Guyot: ci sono tanti significati quanti sono i degustatori e i commentatori. Il primo a parlare di mineralità fu J.Puisais nel suo libro: “Le Gout Juste”nel 1985.

Il prof. Puisais si riferiva però ai soli gusti detti minerali allora conosciuti: gout de petrole e pierre a fusil. Poi arrivarono i vari Parker, Suckling, Veronelli e altri che coniarono termini i più fantasiosi ma che avevano poca o nessuna attinenza scientifica.


La mineralità secondo Puisais: “La definizione più celebre è quella di pietra focaia. L’odore corrisponde a quella della scintilla prodotta dallo sfregamento del metallo contro la selce; si riconoscono dei sentori di affumicato, di “minerale fossile” vicino al petrolio; terra bagnata e humus, a metà strada tra il mondo vegetale e quello minerale”.

A loro seguirono una pletora di nostri giornalisti e docenti delle varie associazioni, che disinformati loro stessi ebbero gioco facile a formare una massa di assaggiatori e sommelier a digiuno dei seppur minimi concetti di: enologia, chimica, microbiologia, fisiologia e di analisi sensoriale, per poter capire i processi che governano la fermentazione e l’evoluzione del vino nonchè la sua valutazione sensoriale.

L’analisi sensoriale del vino, da non confondersi con la degustazione, non è un gioco, è un qualcosa di più complesso e non può essere banalizzata. A molti anni di distanza dall’enunciato di Puisais, i descrittori della mineralità sono aumentati di molto ma il mistero del suo significato non è stato risolto. A me sembra di parlare dei fantasmi: tutti ne parlano ma nessuno li ha visti.

I produttori dicono che proviene dal suolo.
Gli enologi la ricercano in vigna e in cantina studiando nuovi protocolli di produzione del vino e/o nei laboratori di analisi analizzando i cationi e anioni delle ceneri. (Le ceneri sono costituite dai prodotti ottenuti dall’incenerimento del estratto secco a 500°C azoto escluso e fino alla completa combustione del carbonio).

I sommelier la divulgano perché gli influencer la descrivono nelle loro degustazioni. E i consumatori l’apprezzano più che altro per sentito dire o forse perché apprezzano la creatività e la fantasia dei loro maestri, ma in entrambi i casi, se interrogati, non sanno spiegare il perché di tale termine.

Chi volesse consultare il vocabolario fa una fatica inutile, perché il termine viene usato per altri scopi e nemmeno le ruote dei profumi create per i vini, (Noble e all.), le birre, i whisky, ci aiutano nella ricerca. Solo ultimamente la ruota Aromaster, ma di questo non sono sicuro, ne riporta la classificazione limitatamente ai tre odori storici. Ormai ogni alimento ha la sua ruota dei profumi ed è raro trovare un vino che sappia di vino, un olio che sappia di olio, un formaggio che sappia di formaggio ecc.

Sul significato del termine, gli esperti ancora non hanno raggiunto un accordo, infatti non si capisce se la mineralità sia un sapore o un profumo. C’è chi pensa che sia un gusto e lo descrive come acidità o come salinità: bocca  cristallina, purezza cristallina, tensione minerale,  vibrazione sapida, acidità elettrica, che Dio solo sa cosa vogliono dire. Sempre costoro trovano  sostanze impossibili da gustare come: la selce, il gesso, la  roccia lavica, la roccia di mare la conchiglia ma la lista è ancora più lunga perché dipende dalla fantasia dei degustatori.

Chi invece pensa sia un profumo lo descrive con descrittori volatili. E allora si hanno descrittori come: petrolio, acciarino, polvere da sparo, iodio, inchiostro, pietra bagnata.
Su una cosa tutti sembrano essere d’accordo: la mineralità è una caratteristica dei vini bianchi nordici perchè il gusto di petrolio, selce, pierre a fusil ed altri sono stati trovati per prima nei vini bianchi della Borgogna,dell’Alsazia e della Loira. Poi strano ma vero l’hanno trovata anche in tutti gli altri territori del mondo.

Infine per Denis Dubourdier, in risposta a M. Bettane che gli dice che anche lui produce vini minerali, risponde:“Elle appartient a un langage imaginé qui evoque la sensation d’une relation profonde entre le sol et le vin…Ce langage établit une notion de pureté et de fraicheur qui semble concrète mais qui est en fait une abstraction. Quand vous dites qu’un vin est tendu, mineral, ce ne sont que des images qui ne correspondent pas a une réalité physique”. (Essa appartiene a un linguaggio immaginario che evoca la sensazione di una profonda relazione tra suolo e vino … Questo linguaggio stabilisce una nozione di purezza e freschezza che sembra concreta ma in realtà è un’astrazione. Quando dici che un vino è teso, minerale, queste sono solo immagini che non corrispondono a una realtà fisica).
 
A questo punto dopo aver riportato le opinioni sulla mineralità di produttori, enologi e degustatori, che per parlarne avranno sentiti questi sapori e questi profumi almeno una volta nelle loro sedute di degustazioni. Io, che non li ho mai trovati nei vini da me degustati, ho deciso di andare alla ricerca di questa sconosciuta.
Per fare ciò mi sono venuti in mente i termini: sale marino e sale minerale, carbone vegetale e carbone minerale, olio vegetale e olio minerale, acqua potabile ed acqua minerale. Ed ho pensato che se la differenza tra queste sostanze è facilmente intuibile. Quale sarà la differenza tra un vino normale e un vino minerale?

La mineralità nelle acque minerali
Perciò la mia ricerca non poteva che iniziare studiando e gustando le acque minerali. L’acqua minerale è un’acqua di falda sotterranea che per definizione è batteriologicamente pura e contiene disciolti molti sali minerali. In Italia vi sono numerose sorgenti di acque minerali che si diversificano per il peso degli elementi del residuo fisso, che va da <50mgr/l a 1500mgr/l e per questo motivo si differenziano da minimamente minerali a iper minerali. A questo punto mi viene da fare una prima riflessione: il residuo fisso delle acque ha il suo omologo nel vino? La risposta è affermativa e si chiamano ceneri.

Il peso delle ceneri del vino però è di molto superiore e va da 1400mgr/l a 4000mgr/l quindi il vino è una bevanda iper minerale. Un’altra divisione delle acque si fa per le caratteristiche di composizione per cui si dividono in acque: acidule, bicarbonate, calciche, clorurate, fluorurate, iposodiche, magnesiache sodiche e solfate. Però nessuna o quasi ha una sola caratteristica, di solito sono più di una: Es. la sorgente tettuccio di Montecatini è contemporaneamente calcica, clorurata, magnesiaca, sodica e solfata.


Contenuto di sali disciolti nelle varie acque minerali.

Leggendo le etichette possiamo vedere le concentrazioni dei minerali e dei semimetalli disciolti e la prima cosa che salta all’occhio dell’esperto è che tutti questi minerali individualmente sono al disotto della soglia di riconoscimento del senso del gusto ed è solo attraverso il peso di tutti i minerali che l’organo gustativo permette di catalogarle e valutarle. Quindi mi sembra di aver trovato un primo indizio: la mineralità è un sapore.

Unica eccezione è l’acqua minerale solfata che è contemporaneamente un odore e un sapore. Dopo aver analizzato la composizione delle acque minerali si possono fare tre considerazioni.

La mineralità non è acidità perché il PH delle acque minerali è elevato, maggiore di 7 che è la neutralità. Quelle moderatamente acide sono le effervescenti naturali perché contengono l’acido carbonico e il PH scende a 6 ma non raggiunge mai quello del vino. La mineralità non è eccesso di sale. Attribuire all’eccesso di cloruro di sodio per giustificare la salinità viene smentito dalle analisi microbiologiche: il tenore di sodio (10-50mgr/l) è al di sotto della soglia di riconoscimento del senso del gusto. La mineralità non è un profumo. Tranne quello solforato, tutti gli altri odori : terra bagnata( geosmina) pietra focaia( benzenemethanethiolo), inchiostro e altri simili nel caso fossero avvertiti nell’acqua richiederebbero la sua  potabilizzazione.  

La mineralità del terreno
Ancora il concetto di mineralità non mi è chiaro quindi sposto la mia attenzione ai suoli. I suoli si catalogano in: suoli argillosi, alluvionali e limosi, marnosi o calcarei. Il terreno è lo strato più superficiale di spessore variabile dai pochi alle decine di centimetri, formatosi in seguito all’alterazione del substrato roccioso per successive azioni fisiche, chimiche, biologiche da parte di agenti esogeni e degli organismi che vi si impiantano. In esso coesistono tutti e tre i principali stati di aggregazione della materia: solido, liquido e gassoso, acqua e le sue soluzioni oltre ad aria atmosferica e non solo.

Esso è formato da una parte inorganica e una parte organica. La fertilità del suolo dipende al 50% della porzione organica e al 50% da quella inorganica ma non ci sono certezze che il terreno apporti questi elementi nel vino. Nel terreno ci sono moltissimi minerali e non tutti vengono assorbiti dalle radici e utilizzati dalle viti. Solo una percentuale di essi viene utilizzata per i processi metabolici e questa percentuale si chiama biodisponibilità.

La biodisponibiltà degli elementi minerali nel suolo dipende dal grado di acidità del suolo stesso. Il grado di acidità è noto come pH ed ha valori compresi tra 0 e 14. Il pH regola, attraverso lo scambio cationico degli ioni, la solubilità dei diversi sali del terreno e quindi la disponibilità di nutrienti per le piante.

I risultati degli studi scientifici fatti da Antonio Palacios Garcia sulla “Mineralità nei vini” indicano che il rapporto tra la composizione chimica dei vini e la loro percezione descritta nelle degustazioni come “minerale” non hanno nessun legame diretto con i minerali che compongono il terreno del vigneto. Sulla stessa linea si trovano Maltman nel 2013 e Attilio Scienza: ” La percezione della mineralità (…) non è il riflesso imperfetto di un suolo ma una rappresentazione mentale che designa con un sostantivo, un forte potere evocativo“. Vanessa Proti nel 2016 afferma “Poiché non sono ancora stati trovate prove e riscontri scientifici concreti sulla relazione fra i componenti del vino e la percezione di questo profumo e se le sensazioni odorose sopra indicate (gesso, selce, grafite) si dimostrano le più vicine all’idea di mineralità associata ad un vino, è forse plausibile pensare che il legame diretto con il suolo sia piuttosto discutibile”.

Michael Moisseff e Puisais invece sono convinti che ci sia una stretta correlazione tra terreni e vini e affermano che i suoli ricchi in selce diano la nota di pierre a fusil a prescindere dai vitigni utilizzati.

Il vignaiolo francese Philippe Foreau crede che vi siano diverse mineralità dovute al tipo di terreno dove cresce la vite, così esiste la mineralità dovuta ai suoli calcarei, quella dovuta ai terreni silicei oppure quella dei terreni granitici. A loro viene incontro Roman Horvath MW, direttore di Domäne Wachau che in sostanza afferma:“Da un lato sappiamo che il trasferimento diretto di minerali dal suolo al vino non può essere scientificamente provato; dall’altro ci accorgiamo continuamente di quanto cambia lo stile e il profilo di vini provenienti da suoli e terreni diversi”.

Nella tabella in figura mostra la concezione di Puisais sulla relazione tra suoli e vini.


Il prof Puisais crede che solo i suoli ferruginosi esprimano il carattere minerale

Puisais dunque è stato quello che ha ingenerato la falsa idea che i terreni possano determinare il profumo e il gusto di un vino. Ovviamente come si può notare nella tabella rimane nel generico e non porta nessuna prova che possa avvalorare la sua idea.

Pedro Parra contraddice Puisais, Daguennau e gli altri: “Per quanto riguarda i terroir, devo dire che dopo aver fatto più di 30 mila analisi di radici della vite che si sviluppano in suoli rocciosi, alcuni punti mi sono ormai chiari:

1)” Non ho mai trovato una sensazione minerale nel vino, se il terreno non è ricco di pietre.
2) La geologia è la chiave: forse addirittura il 90% dei grandi terroir minerali è ricco di calcare, scisto, granito.
3) I terreni non rocciosi non danno vini minerali (il 99% delle volte). Così i suoli ricchi di argilla, limo o sabbiosi ma non rocciosi sono generalmente terreni poco rappresentativi se state cercando la mineralità”.

Alla domanda se i terreni calcarei siano più minerali David  Lefebvre risponde secca mente di no e continua che tra minerali e terroir non vi sia stata stabilita alcuna correlazione. Anche se un terreno è calcareo, non significa che ci sarà più calcio nel vino. E la stessa cosa per un terreno ferruginoso. I parametri sono troppo complessi in quanto vi sono troppi filtri e rimaneggiamenti biologigi e fisici.

Finora ho trovato molto scetticismo tra gli esperti nello stabilire il rapporto suolo mineralità del vino e credo di aver dimostrato che si faccia bene a non credere a questa ipotesi, visto che i più importanti dei suoi fautori non sono d’accordo tra loro almeno fino a che studi più approfonditi con approcci diversi li smentisca.

Adesso ne so meno di prima e quindi sposto la mia attenzione sulla vite e ne riparleremo in un prossimo articolo.

Tag

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *