SOStain e la sostenibilità in Sicilia
Scritto da Chiara Giorleo | Pubblicato in progetti, vino e salute
La sostenibilità non è solo argomento cruciale ma ormai imprescindibile. Su Decanter (leggi qui) si discute, tra le altre cose, di riduzione del peso delle bottiglie con l’accordo dei membri di SWR (Sustainable Wine Roundtable, coalizione di operatori nel settore vino che include alcuni dei maggiori wine retailer). Noi abbiamo scritto di recente di un altro tema centrale e correlato: i vitigni resistenti (leggi qui) e potremmo continuare a lungo trattandosi di argomento multiforme.
In occasione del simposio sulla sostenibilità, cui ho partecipato recentemente a Sciacca, osservo come non abbia mai sentito tanti riferimenti religiosi (su tutti: la citazione sull’intervento del papa circa il preoccupante cambiamento climatico) in un convegno sul vino. E, a meno che rivolgersi alla Fede non sia l’ultimo appiglio che appaia disponibile, mi chiedo se – posizioni religiose a parte – non stia davvero cambiando qualcosa grazie a una presa di coscienza olistica e, pertanto, più opportuna.
SOStain è una fondazione aperta a tutti i produttori siciliani pronti alla sfida della sostenibilità, presieduta da Alberto Tasca. Mira alla misurazione della sostenibilità del vino senza proporsi come certificazione alternativa ma puntando a contestualizzare il protocollo italiano come quello di Viva (VIVA – Viticoltura Sostenibile), con un comitato che risponde scientificamente alle istanze dei produttori. Si aderisce a un disciplinate che richiede 10 requisiti minimi: dalla gestione del vigneto all’utilizzo di materie prime locali ed eco-compatibili, dalla trasparenza della comunicazione alla riduzione del peso delle bottiglie di cui in apertura. La presidente del comitato scientifico Lucrezia Lamastra, nell’esplicazione di criteri e risultati, si sofferma proprio su questo un dato: se tutti i produttori che aderiscono a SOStain raggiungessero i livelli prefissati (uso di bottiglie di 410g per un consumo di 0,25 KWh/bottiglia [contro lo 0,7KWh]) si risparmierebbero emissioni pari al percorso in auto della circonferenza terrestre per 1000 volte!

Come spesso accade, però, serve fare leva su formazione ed educazione. Secondo Francesco Picciotto (dirigente del Servizio 3 “Aree Naturali Protette” Regione Sicilia), le giovani generazioni percepiscono la città, e non la natura, come propria realtà. Con tutti i risvolti negativi anche perché, se accogliamo le considerazione di Gaetano Benedetto (Presidente Centro Studi Fondazione WWF Italia), la biodiversità si riflette nella cultura locale che a sua volta diventa identità e quindi valore aggiunto distintivo sul mercato, perché il “bello” va a combaciare spesso con elementi naturalistici direttamente o indirettamente rispondenti all’ambiente circostante (si pensi alla caratterizzazione di una baita in Trentino Alto Adige o alla masseria pugliese).
I segnali li abbiamo da tempo, fa notare il prof. Fontana (Entomologo della “Fondazione Mach”) secondo il quale si parla ancora troppo poco di insetti, api in particolare, come indicatori di qualità ambientale; e nonostante l’articolo allarmante dello stesso New York Times che nel 2018 titola un pezzo “The Insect Apocalypse is Here”. Ma a nulla si arriverà senza cambiare la grammatica, aggiunge Carapezza (Entomologo e Presidente Società Siciliana Scienze Naturali), per il quale il termine centrale è “complessità“. Molti degli errori commessi fin’ ora (vedi la gestione del granchio blu) si affrontano con soluzioni semplici non adatte – appunto – alla complessità del problema. Quella che rende il discorso onnicomprensivo fino ad arrivare alla comunicazione, funzionale alla sostenibilità economica necessaria per reggere la sfida cui vanno incontro le aziende, come ricorda Fabio Piccoli (Direttore responsabile di Wine Meridian); e, non ultimo, all’aspetto sociale e umano. Secondo Carlos Veloso Dos Santos (AD Amorim Cork Italia) non esiste personale non capace ma solo personale demotivato; è lo stesso ambiente di lavoro che può contribuire e indirizzare alla sostenibilità con – in brevissimo – flessibilità e smart working, proposta di cibo sano, team building e uno chief happiness officer su cui investono da tempo.
Ad maiora.