Il Disciplinare del Barolo
Scritto da Filippo Lanzone | Pubblicato in storia
Il Barolo, dunque. Abbiamo visto nelle precedenti tappe del nostro viaggio come esso sia nato, cresciuto e divenuto celebre nel Mondo: oggi cercheremo di capire meglio com’è e come si presenta nel nostro bicchiere.
Partiamo dal disciplinare: il Barolo, protetto da un Consorzio di Tutela assieme al Barbaresco dal lontano 1934, diventa DOC nel 1966, e nel 1980 ottiene la DOCG. Il disciplinare viene poi rivisto nel 2010 e diventa valido da quella vendemmia in poi. Sarà nostro interesse capire e confrontare, con semplicità, queste ultime due versioni, giacchè esprimono le annate attualmente in commercio e quelle prossime venture.
Il Barolo DOCG viene definito nel 1980 come vino rosso prodotto da uve Nebbiolo (varietà lampia, michèt e rosé), su terreni calcareo-argillosi, nelle aree già precedentemente individuate nei comuni di Barolo, Castiglione Falletto e Serralunga d’Alba per intero, ed in parte di quelli di Monforte d’Alba, Grinzane Cavour, Cherasco, Roddi, Novello, Verduno, La Morra e Diano d’Alba, tutti in provincia di Cuneo. E’ sempre di colore rosso, e deve subire un invecchiamento di almeno 3 anni (portati a 38 mesi nel 2010, di cui almeno 18 in legno). Viene altresì prodotto nelle tipologie Riserva (almeno 5 anni di invecchiamento, portati a 62 mesi nel 2010, di cui almeno 18 in legno) ed il tradizionale Chinato (aromatizzato con erbe da una base di vino Barolo, da sempre rappresenta uno dei migliori compagni per il cioccolato al latte o il gianduja). Le menzioni locali, anticipate talvolta dai toponimi vigna, podere, cascina, bricco, sono stati nel 2010 codificati ed elencati; tuttavia, non si è proceduto, come invocato da più parti, ad un loro classificazione qualitativa. La sensazione diffusa fra appassionati e consumatori è che non si volesse scontentare qualcuno. Un’importante novità apportata, tuttavia, è la delimitazione delle aree per la vinificazione e l’ imbottigliamento: la cantina deve essere non più nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo, come previsto nel 1980, ma solamente nei Comuni di produzione: decisione, questa, volta a privilegiare i viticoltori autentici, sia produttori che conferitori di cooperative del territorio, a discapito di grandi gruppi imbottigliatori esterni.
Tralasciando gli aspetti più tecnici come le rese minime consentite, l’estratto secco e l’acidità complessiva, ci basti sapere che il grado alcolico minimo scende da 13 a 12,5 gradi volumetrici e la densità di impianto minima è di 3500 ceppi per ettaro.
Il Barolo DOCG nasce con la consapevolezza di essere un vino di pregio, che ha nella propria tradizione la propria forza: viene imposto il rispetto delle tecniche tradizionali di produzione, e vengono vietate menzioni qualitative come “fine”, “superiore”, “selezionato” e simili; tuttavia, proprio in ragione di ciò, viene preteso che, al momento della commercializzazione, esso sia in confezioni adeguate al suo prestigio, nei formati consentiti e qualitativamente “rosso granato con riflessi arancione; odore: profumo caratteristico, etereo, gradevole, intenso; sapore: asciutto, pieno, robusto, austero ma vellutato, armonico”.
Siamo quindi in possesso di tutte le conoscenze essenziali per comprendere, conoscere e assaporare al meglio il nostro Barolo: i suoi profumi caratteristici sono generalmente la rosa, le confetture di piccoli frutti rossi, le speziature di pepe, talvolta cannella e liquirizia, fino al “goudron” dell’invecchiamento. E’ però evidente come terroir, cura in vigna, mano dell’enologo e tipo di affinamento su un vino del genere possano produrre risultati molto diversi fra loro: li scopriremo assieme, partendo ovviamente da Barolo.