L’eleganza del Vino: storia di un passato che non tornerà più?
Scritto da Alessandro Rossi | Pubblicato in storia
Sono nato a Forlì antico capoluogo di provincia della Romagna. Fino al 1992 comprendeva anche il riminese quando ancora le province di Forlì e Cesena non erano unite.
Quindi pochi km diseparano da Rimini, terra di Federico Fellini, regista che apostrofò “Vitelloni” i play boy romagnoli; l’unico in grado di fotografare perfettamente un periodo storico di grande splendore poi e miseria prima della riviera romagnola.
Le donne felliniane erano un marchio stilistico per i suoi film; abbondanti, “tante”, pensate ad esempio alla tabaccaia del film Amarcord o alla Gradisca. Ognuno ha il proprio gusto in fatto di donne, ognuno ha il proprio palato in fatto di vino che giustamente va sempre rispettato. Eppure, anche per gli amanti delle donne con le giuste forme c’è sempre una diva, un’icona opposta al personale canone di bellezza che fa sobbalzare. Credo lo stesso valga per il vino; la densità, a volte, lascia spazio alla linearità.
Il portamento di un vino sottile pensato sulla sottrazione e sull’eleganza è estremamente differente da un vino che timbra il suo ego puntando sulla potenza. Difficile da credere, ma tantissimi vini nati per esprimere un concetto di potenza hanno, attraverso il tempo, chinato la testa e si sono spogliati di un vestito per indossarne un altro.
Il tempo è in grado di cambiare la veste ad alcuni vini dando loro la possibilità di presentarsi ad un incontro con un abito e un altro fisico diverso. Ad esempio ho assaggiato vini californiani prodotti agli inizi degli anni ‘80 concepiti in un’epoca dove potenza e concia legnosa erano il timbro di una nuova generazione di produttori americani; il tempo li ha assottigliati così tanto da essere, oggi, a volte scambiati per vini di Bordeaux. Lo stesso vale, in alcuni casi, anche per molti vini bianchi.
Non dimentichiamoci che, a sorpresa, durante la famosa degustazione alla cieca, il giorno del giudizio per i vini francesi, tenutasi a Parigi nel 1976, gli americani piazzano una doppietta: un vino al primo posto nei bianchi con Château Montelena 1973, che nei rossi con Stag’s Leap 1973.
Questo processo di snellimento non è accaduto certamente solo per i vini americani, ma anche tanti vini italiani nati per un mestiere e con una posizione stilistica ben definita, dopo qualche anno di bottiglia si sono trovati completamente soggetti ad altro ruolo.
Se la geologia non inganna, credo neanche il fattore meteo sia da meno. I vini delle piogge per esempio, i vini delle stagioni quelli partoriti quando queste esistevano ancora. Vini che nascevano così, senza troppi pastrocchi, vini costruiti spontaneamente dalla natura per sfidare le curve del tempo. Sotto troverete alcuni vecchi appunti che raccontano come le stagioni, come per esempio la 1985 la 1988 a me care, fossero all’inizio più spigolose, verdi e di difficile interpretazione e come poi il tempo ha forgiato a grandi vini:
1985: Grande annata. Dopo un inverno freddissimo, con temperatura minime di molto sotto lo zero, l’estate molto calda ha portato l’uva a maturare tantissimo. In Langa fu addirittura considerata maestosa e in Toscana tra le migliori di sempre.
1988: Annata molto buona, caratterizzata da primavera ed estate dal decorso climatico equilibrato, con un’impennata di pioggia subito dopo la metà di ottobre. Vini dalla buona volumetria, particolarmente eleganti. In Langa anche in questo caso considerata superba e lo stesso vale per la Toscana.
Il tempo purtroppo non sempre è il migliore amico del vino perché non è sempre vero che un vino più passa il tempo e più migliora, anzi. Non tutti i vini sono atti a divenire, i vini delle piogge, quelli delle stagioni invece sì.
Tre fattori più uno sono per me fondamentali: geologia, vendemmia, tempo e fortuna.
Ogni singola frazione di territorio possiede espressioni organolettiche specifiche, queste possono produrre vini diversi a seconda del tempo. La vendemmia regola lo stile. Perché il vino si fa in vigna e la vigna è comandata dalle stagioni. Il tempo regola l’universo e il vino è materia viva; cambia come il corpo umano, evolve, si ossida e invecchia. La fortuna ha un suo ruolo: aiuta i coraggiosi, chi ha voglia e tempo per aspettare il tempo. A volte penso alla non più capacità di saper gestire gli eventi, essere completamente in balia del buon Dio.
Eppure, a memoria, ricordo i vini a me più cari nati in anni dove la primavera era tiepida, l’inverno molto rigido e l’estate spesso torrida. Sovente terminava il 16 di agosto quando ricominciavano le piogge, si chiudeva la stagione e addio serate con gli amici in giro con la bicicletta al bar del paese.
Io ricordo questo, pensieri nitidi, freschi e sui campi viticoltori non dico capaci ma pronti ad adattarsi alle vendemmie e a quello che accadeva. Ecco, quelli sono i vini che ricordo di più e con più gioia. Quelli arrivati a noi in una forma non dico migliore ma diversa. Vini probabilmente poco bevibili all’inizio del loro percorso ma mutanti, che hanno trovato la loro strada e la loro forma concedendosi più tempo in bottiglia. Ecco, forse manca, oltre alla potenza economica per mettere a dimora vini per il futuro, la pazienza di saperli aspettare, oltre al fatto che ai tempi della lira i grandi vini erano molto più accessibili di adesso.
Quante aziende sono divenute famose postume? Quante, sfinite economicamente, hanno trovato fama a cancelli oramai chiusi come i grandi artisti divenuti famosi da morti? Quasi tutte le aziende che non troviamo più sul mercato e che ebbero un ruolo in passato.
Eppure Bordeaux insegna: i vini degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’80 avevano gradazioni molto basse e timbravano organoletticamente la loro prima parte di vita su note verdi (io purtroppo non ho mai potuto assaggiarli in prima gioventù ma così mi hanno raccontato massimi esperti della zona) ed erano all’insegna di un clima con stagioni ben tratteggiate.
Quindi? Quindi probabilmente quello che fu sarà stato e come tante cose in Italia non torneranno più. Beati quelli che hanno avuto la fortuna di poter vivere a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 e aver goduto di questi vini.
Permettetemi un piccolo appunto perché se ne parla tanto ultimamente: Sassicaia 2016 non sarà mai Sassicaia 1985 nonostante spesso vengano accostati. Due vini prodotti in momenti e vendemmie differenti. Non si può ripetere il passato e non si vive di ricordi.