Le reti antigrandine sulle colline Unesco

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Che differenza passa tra un grappolo di Nebbiolo e una pesca?

Certo, la domanda di per se non ha molto senso ma ora provate a farvi questa domanda guardando il grappolo d’uva e la pesca entrambi colpiti da un chicco di grandine.

Con moltissima probabilità il grappolo d’uva avrà il suo percorso e il suo “succo” finirà in una bottiglia di vino, per la pesca invece non ci sarà nessun fruttivendolo disposto a mettere sul suo bancone quel frutto malconcio, capisco che sia difficile da accettare ma la realtà è così. Questo paragone non è farina del mio sacco ma è venuto fuori chiacchierando con un contadino vignaiolo della Langa del Barolo, fortemente stizzito dal proliferare delle reti antigrandine che stanno invadendo le colline Unesco.

Il concetto che mi ha fatto riflettere è basato sul famoso ritornello “prendiamoci cura del nostro territorio”. Nelle Langhe si vende magnificamente il vino ma da qualche anno si vende anche il territorio e se queste colline improvvisamente vengono tappezzate di reti plasticose di diversi colori, capite bene che la storia cambia. Non c’è nessuna intenzione di schierarsi in pro e contro le reti ma il discorso del mio amico contadino mi ha fatto riflettere e non poco. La grandine colpisce a macchia di leopardo, zone sempre limitatissime.

In Langa, di grandinate catastrofiche se ne ricordano appena due negli ultimi 60 anni, dove pochi produttori riuscirono ad andare in vendemmia.

Il mio amico vignaiolo mi ha fatto riflettere perché per una volta ho ascoltato una argomentazione sentita e di cuore su cosa vuol dire “prendersi cura del proprio territorio” e se qualche filare verrà colpito dalla grandine pazienza, si farà meno vino, “noi stiamo bene…anzi, da molti anni stiamo fin troppo bene”.

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