La contaminazione del “Friulano” conquista il pubblico del Take Puglia

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Il vitigno autoctono del Friuli Venezia Giulia svela la propria eccellenza
La seconda edizione del Take Puglia si è svolta nel cuore della Valle D’Itria, precisamente a Ceglie Messapica, dove la manifestazione ha riunito tante eccellenze e molte novità del settore vitivinicolo, non solo pugliese. Per quest’anno la parola chiave del Take Puglia è stata “contaminazione”: la splendida cornice del castello cegliese ha fatto da sfondo a un’inaspettata degustazione di vini bianchi friulani, guidata dal “giornalista e alpino”, come lui stesso ama definirsi, Riccardo Vendrame

Il Friuli Venezia Giulia e la Puglia, due regioni così distanti geograficamente fra di loro, grazie al Take si sono unite e riavvicinate nel nome del gusto e della passione per il buon vino. Riccardo Vendrame ci ha regalato un viaggio sensoriale unico, accompagnandoci immaginariamente tra i meandri della sua terra, così ricca di storia e di eccellenza. La degustazione ha coinvolto sette vini bianchi a base di Tocai Friulano, vitigno autoctono e riconosciuto ovunque per le sue ottime qualità, ma dal 2007 il Friuli Venezia Giulia, dopo aver perso l’uso del nome “Tocai” (causa assonanza con il vino Tokaj ungherese) ha puntato sul titolo Friulano inteso come sostantivo ma anche come aggettivo e sinonimo di una terra che produce tra i migliori vini bianchi al mondo.

La viticoltura in terra friulana ha una storia antica. Essa risale all’arrivo degli Eneti tra il XIII e il XII secolo a.C.,mentre nel II secolo fu la volta dei Romani. Nel Medioevo la viticoltura della regione era fiorente e l’esportazione dei vini era diretta principalmente verso la Repubblica veneziana. Durante il Rinascimento la fama dei vini del Friuli si conservò vivissima, purtroppo con l’arrivo nel 1888 della fillossera, micidiale parassita che mantenne la sua potenza devastatrice fino a tutto il 1927, molti vigneti sparirono completamente. Solo nel 1931, in collaborazione con la Stazione di viticoltura di Conegliano, si posero finalmente le basi per la rinascita dei vigneti friulani. Da allora il successo dei vini del Friuli non ha subito arresti e la sua fama ha viaggiato oltre i confini italiani raggiungendo ottimi riconoscimenti non solo per i vini bianchi, ma anche per i suoi rossi a base di Schioppettino, Refosco dal peduncolo rosso, Refosco nostrano e Pignolo, oltre al Merlot, che si adatta meglio del Cabernet a questo ambiente pedoclimatico.

Riccardo Vendrame con i sette vini in degustazione ci ha permesso di conoscere come il vitigno Friulano riesca a esprimere le proprie qualità nelle differenti zone di coltivazione. Il primo Friulano è prodotto dall’azienda Borgo San Daniele, nel comune di Cormòs, nella provincia di Gorizia della Doc Collio. Il vino si è rivelato complesso nel profumo, richiamando a sentori di frutta esotica e fiori gialli freschi, morbido al palato pur mantenendo nel finale una leggera nota ammandorlata. Questo grande vino bianco riesce a sostenere, grazie alla propria struttura, piatti tipici della cucina friulana come le seppioline alla granseola, piccole seppie farcite con polpa di granseola bollita e tuorli d’uovo.  L’azienda Lis Neris collocata nel comune di Romans d’Isonzo ha realizzato il secondo vino in degustazione: La Vila. Questo vino ha una maturazione combinata tra l’acciaio e il legno e affina in bottiglia per otto mesi prima di giungere sul mercato. Qui il vitigno Friulano cresce su un altopiano ghiaioso e calcareo che riesce a conferirgli una buona struttura. Al sorso regala note fruttate tendenti agli agrumi, l’equilibrio tra l’acidità e la sapidità lo rende armonico e nel finale persistente.

Il terzo assaggio è stato offerto dall’azienda Meroi Davino, situata nella provincia di Udine, nel territorio dove si concentra la Doc Friuli-Grave. Qui il Friulano è raccolto a mano e posto in cassette prima di giungere alla pressatura soffice la fermentazione avviene in barrique. Al naso questo nettare regala sensazioni di frutta, pesca e limone, combinate a note minerali. Perfetto equilibrio e buona persistenza, ideale con un piatto di ostriche gratinate o del Prosciutto di San Daniele, prodotto DOP dolce e morbido, servito in fettine sottilissime tagliate a mano.  L’azienda Quinta della Luna ha quindi proposto il suo Friulano 100%, riuscendo a racchiudere in una bottiglia tutta la tipicità di un vitigno autoctono e di una regione straordinaria. Questo vino colpisce già alla vista per il suo colore giallo paglierino brillante con riflessi tendenti all’oro verde. Il vigneto si trova nel comune di San Quirino in provincia di Pordenone e il momento della raccolta è svolto rigorosamente nelle prime ore del mattino per preservarne gli aromi. Il vino è fine e delicato con note di mandorla e fiori dal sapore finale leggermente amarognolo. Ottimo con minestre, formaggi freschi  e antipasti di pesce. Il Friulano dell’azienda agricola Specogna ci ha portato direttamente all’interno della Doc Colli Orientali del Friuli. Il terreno dove cresce il vitigno è costituito da marna. Il profumo è dolce e ampio, con un’intensa nota speziata di pepe bianco,  con sentori di agrumi e mandorla, mallo di noce, frutta esotica e richiami di pesca a polpa bianca e salvia. Vino potente e strutturato con buona acidità, il tipico retrogusto di mandorla e frutta esotica è molto persistente. L’azienda Fantinel ha proposto in degustazione il proprio bianco Friulano in purezza, realizzato all’interno della Doc Collio. Il vino si presenta al naso energico con note citrine spiccate, con sentori di fiori bianchi e mandorla, morbido e leggermente amarognolo sul finale. Questo vino è ideale per accompagnare primi piatti a base di pesce o il classico risotto ai frutti di mare.

Il viaggio sensoriale guidato da Riccardo termina con una particolarità rispetto ai precedenti assaggi: infatti, il Dolée Friulano Vie di Romans è del 2010, rispetto ai precedenti vini dell’annata 2012. L’azienda si sviluppa nella provincia di Gorizia su un terreno poco profondo con scheletro abbondante, con una frazione limo-sabbiosa di colore rossiccio per la presenza di ossidi di ferro e alluminio che conferisce al vino un’ottima struttura. Si tratta di un vino corposo ed equilibrato che all’assaggio oltre a rievocare le tradizionali note fruttate di ananas, papaya e pesca sprigiona un intenso bouquet di gelsomino e fiori gialli. È forte e predominante la nota minerale. Ottimo abbinamento con un piatto di Cialzon di Timau, pasta ripiena di patate, spezie, uvetta, erbe aromatiche, condita con ricotta affumicata o altro formaggio grattugiato e burro fuso.

Riccardo Vendrame ha guidato questa degustazione lasciandoci affascinare da un territorio e da un vigneto eccezionale, e ci ha permesso di scoprire che quando la passione e il sacrificio si combinano insieme il risultato è senza dubbio eccellente.

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