BOCCONI AMARI
Scritto da Marina Betto | Pubblicato in interviste
Quattro chiacchiere con Andrea Dolciotti, brillante chef romano che fa di preparazione, onestà intellettuale e contaminazione i suoi punti di forza.
“Mediamente a Roma si mangia male. C’è poca professionalità nella ristorazione, e molti credono senza le capacità, senza le basi, di essere chef (magari dopo aver frequentato uno di quei super corsi pubblicizzati dalle varie scuole di cucina).”
Parliamo, fuori dai denti, di questo e di altri argomenti con Andrea Dolciotti chef del ristorante INOPIA a Roma, oggi anche del ristorante LA PENNA D’OCA, a pochi passi da Piazza del Popolo.
La nostra conversazione prosegue, senza ipocrisie, su quelle che sono le piccole e grandi truffe della ristorazione romana; che è noto faccia carne da macello dei turisti, soprattutto cinesi, giapponesi e russi, a cui viene “salato” abbondantemente il conto.
“E’ tutto un magna magna” un andazzo che è diventato un cancro incurabile, a cominciare dagli affitti dei locali del centro storico, che sono sempre più cari e spesso poco idonei alla ristorazione.
L’oste romano, è sempre stato consapevole della fortuna portata dal turista, ma paradossalmente tende a maltrattarlo, convinto che sia solo di passaggio e che non tornerà. L’approccio è quindi molto diverso con il cliente straniero, che si tende a fregare; si fa distinzione persino di linea di prodotti con cui confezionare le pietanze, destinando all’ignaro turista sempre il peggio.
Tutto ciò è difficile da debellare e il livello medio qualitativo è sempre più basso!
Dal 2005 al 2009 Andrea Dolciotti è a Kusbas in Siberia, per un gruppo di ristoranti di Sergej Smirnov, come cuoco, portavoce di un Made in Italy autentico; insegnerà ai russi che le “fettuccine all’Alfredo” e le “farfalle al salmone” non sono un piatto della cucina tradizionale nostrana, l’amatriciana non si può fare con la salsiccia secca, mentre lui s’innamorerà della cucina russa e di piatti tipici come il borsch, che rivisiterà con tecnica tutta italiana.
Consulente per un progetto europeo per l’olio extravergine di oliva, Dolciotti tiene lezioni a Mosca riuscendo a spiegare ad un pubblico molto interessato i vari prodotti che si ottengono dalla lavorazione delle olive: l’olio di oliva ed extravergine, sansa e lampante.
Ottiene poi la consulenza del ristorante “MACCARONIKI” a San Pietroburgo che ancora oggi lo gratifica molto. Questo ristorante propone una cucina fusion, apprezzata a tal punto che la salsa della “ Travers du porc con chutney di pomodoro” viene confezionata e venduta ai clienti, sottolineando un successo e una riconoscibilità dei sapori che il gourmet di passaggio si vuole portare a casa.
La lingua con il gelato di acciughe e ganache di cavolfiore è un altro piatto che stupisce i commensali, perché rivela qualcosa che non si aspettano; la capacità di questo giovane chef sta proprio nell’armonizzare e fondere sapori nuovi nei piatti della tradizione, sfruttando l’elemento mnemonico del palato.
E’ quello che è avvenuto anche in Francia a Morzine alla “Combe à Zore”.
Piatti classici della tradizione francese come la zuppa di cipolle e la fonduta affianco a lasagne, carbonara e amatriciana; una collaborazione italo francese molto ben riuscita; si è tolto il burro, si alleggeriscono i piatti, si è aperti alle contaminazioni.
Una cucina ragionata quella di Dolciotti, giocata sulle consistenze, come nel brodo di patate al forno, dove è il liquido l’elemento da assaporare, o la linguina ai ricci e caffè che dà una sensazione di tostatura e nello stesso tempo di freschezza iodata; la rapa rossa al lemongrass con cioccolato bianco e gorgonzola e cappero glassato al caffè, composizione in equilibrio tra sapore acido e dolce-piccante, croccante e morbida insieme.
L’elemento più significativo è anche la convinzione che la cucina gourmet non deve costare tanto, perché si ottiene il massimo usando semplicemente ottimi ingredienti.
Novità è inoltre il “diritto di tappo” (corkage, byob) quello che in Australia è una consuetudine; ti puoi portare il vino da casa e paghi solo il servizio del vino al ristorante. In questo modo il cliente risparmia e il ristoratore ha la possibilità di ampliare le sue conoscenze in campo enologico assaggiando vini spesso sconosciuti che se apprezzati entreranno in carta.
Idee molto chiare, preparazione, onestà intellettuale caratterizzano questo brillante chef, riflettendosi come in uno specchio nei suoi interessanti piatti.